«Il calcio? Ho sofferto. Ma chiusa una porta si è aperto un portone»
Il giovane ticinese ha voltato pagina: «Nella corsa non si può imbrogliare».
MOTTO (BLENIO) - Promessa del calcio prima e nulla dopo. In un attimo la vita di Jonas Oliva si è rovesciata ma lui, tenace, non si è abbattuto: si è guardato intorno ed ha ricominciato… più “forte di prima”.
«Si è chiusa una porta, si è aperto un portone - ci ha raccontato il 18enne ticinese, promessa di corsa in montagna e trailrunning - e tutto è stato davvero inaspettato. Lo sconforto iniziale si è presto trasformato in determinazione e poi in soddisfazione, dando vita a una vera e propria rivincita».
Facciamo un passo indietro. Il primo amore del giovane di Motto, in Valle di Blenio, è stato il calcio, praticato con profitto per più di dieci anni. La scuola per sportivi d’élite di Tenero e le maglie di Bellinzona, Lugano e Team Ticino hanno fatto parte di un percorso interrottosi improvvisamente e per scelta non sua quando, nella composizione della squadra, hanno deciso di non più dargli la possibilità di continuare il percorso formativo all’interno del calcio d’élite.
«È successo due anni fa e devo ammettere che all’inizio è stato difficile. Ho sofferto. Sul calcio avevo puntato tanto, con esso avevo sognato ma non è andata. Non avevo però voglia di stare fermo, mi sono così guardato intorno per trovare un’alternativa, uno sport che mi permettesse di stare bene. Mi mancava soprattutto lo spogliatoio, con i rapporti che si creano. Mi sono avvicinato allora alla mia attuale “squadra”, il Gruppo Atletico Bellinzona (GAB). In famiglia siamo tutti molto sportivi, la corsa è una costante; l’anno scorso è nata la nostra associazione: il Team Family Run, con lo scopo principale di promuovere lo sport praticato famiglia. E così ho provato. E da allora non ho più smesso. E dire che, quando ero concentrato sul pallone, correre non mi entusiasmava per nulla».
La passione è arrivata dopo?
«La passione e una nuova avventura, con nuovi sogni. Ecco, questo è il messaggio che mi piacerebbe far passare: mi sono sentito perduto ma ho avuto la volontà di provare, di cambiare. E se l’ho fatto io può farlo chiunque. Cambiare è spesso difficile, la novità spaventa, ma se si prova, possono poi arrivare bellissime sorprese. Io ora mi impegno tanto, faccio grossi sacrifici, ma sempre con il sorriso sulle labbra. Dopo il buio arriva sempre l’alba, e ora sono felice».
Felice e stanchissimo, immaginiamo. I grandi risultati di quest’anno sono stati costruiti solo con l’allenamento.
«Mi alleno tutti i giorni, 15-20 ore a settimana e devo ammettere che conciliare studio e sport non è semplice. Ma si fa, non è un problema. Lo scorso anno, per esempio, mentre ero per sei mesi oltre Gottardo per la scuola, per continuare a seguire la tabella della preparazione è capitato di dover uscire alle cinque di mattina con la luce sulla testa per correre lungo il fiume. Potete immaginare le condizioni: buio, freddissimo e umido. È stato pesante? Impegnativo diciamo, perché comunque avevo in testa un obiettivo, quello di crescere ulteriormente. Ecco, se c’è qualcosa che mi piace della corsa è che non si può imbrogliare. E non si può sperare in un colpo di fortuna. Se non sei al meglio, nel calcio magari un gol riesci comunque a farlo. Qui no: se non dai il massimo in allenamento, in gara i risultati non arrivano».
E i tuoi sono stati eccezionali, per aver cominciato solo da due anni.
«Terzo U20 ai Campionati Svizzeri di mezza maratona, undicesimo U20 ai Campionati del mondo giovanili di trailrunning (youth skyrunning world championships), decimo assoluto e terzo svizzero alla Sierre- Zinal Junior, ottavo U23 alla finale del circuito mondiale di Golden Trail World Series… il 2024 è stato molto positivo. Ma spero sia solo un punto di partenza. Ho grandi margini di miglioramento e mi piacerebbe poter puntare a una medaglia ai Campionati Svizzeri di corsa in montagna e contemporaneamente qualificarmi per i Campionati del Mondo. Poi vorrei riconfermarmi ai Campionati del Mondo giovanili di Skyrunning e… riuscire ad abbassare i personali in pianura».
Diventare un professionista, insomma, un atleta che può pensare solamente al suo sport.
«In Svizzera, per queste discipline un po’ di nicchia, è difficile. Riuscire a “vivere” solo di corsa al momento non è una strada praticabile. L’idea, la speranza, è quella di continuare a crescere e di riuscire, in futuro, a trovare un lavoro part-time al quale affiancare allenamenti che immagino diventeranno sempre più intensi. Ci penserò. Le mie certezze, in questo momento, riguardano l’amore per questo sport e la scelta della scuola: papà è ingegnere e da quando ho tre-quattro anni mi porta in giro per cantieri… anche io andrò al Politecnico».
I sacrifici del giovane atleta sono anche quelli della famiglia?
«Per quanto riguarda la famiglia, devo dire che ho fatto delle belle scoperte. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto e mi sono stati vicini. Papà, addirittura, la domenica viene con me a fare allenamenti. È preparato, quindi quando non devo tenere ritmi alti, corriamo insieme. Altrimenti gli tocca seguirmi in bicicletta».