Chiacchierata con il capitano del Sementina Manuel Tonelli: «Per me il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti...»
«La mia avventura a Roma? A 15 anni mi sono ritrovato in una città e in un ambiente che vivono di calcio, al punto che non puoi non sognare un grande futuro».
SEMENTINA - Nato e cresciuto calcisticamente in Ticino ma con una parentesi romana intensa e indimenticabile. Manuel Tonelli ha vissuto una carriera sulle montagne russe. Oggi, nel suo Sementina, di cui è capitano, ha trovato la giusta stabilità e una sorta di isola felice. Nessuno lo sposta più da lì, dove - insieme alla squadra di Alessio Righi, attualmente a -4 dal Castello capolista - sta rincorrendo la promozione in Seconda Lega Interregionale. Anche grazie alle reti del classe '89, riscopertosi bomber.
Tutto è cominciato nel settore giovanile del Giubiasco... «Sicuramente, vedendo mio padre giocare, fare tanti gol ed esordire in Serie A con il Bellinzona, è stato inevitabile seguire le sue orme - ci ha detto proprio Tonelli - Non c'è comunque stata alcuna forzatura, perché per me il calcio è stato amore a prima vista».
E oggi cosa rappresenta per te questo sport?
«Per me è la cosa più importante delle cose meno importanti. Nel nostro piccolo facciamo tanti sacrifici, rinunciamo a qualche vacanza e cerchiamo di non prendere impegni quando ci sono allenamenti... Magari qualcuno prende il calcio come un passatempo, ma per me non è assolutamente così. Personalmente il periodo della pausa invernale è straziante, durante il quale gli allenamenti, le partite e i compagni mi mancano davvero tanto».
A Sementina che gruppo c'è?
«Siamo un gruppo veramente affiatato. Abbiamo tanti esempi di giocatori che vanno via ma poi ritornano. La società non ci fa mancare niente, organizzano tante cene, ci lavano le tenute da gioco e d'allenamento così che noi, oltre al calcio, non dobbiamo pensare a nient'altro. Andare via? È da dodici anni che sono a Sementina e voglio rimanere qui. A 35 anni non sono alla ricerca di nuove esperienze e il telefono non squilla più da un po'... (ride, ndr)».
Ma la parola promozione si pronuncia in spogliatoio?
«Non posso negarlo... Anche perché siamo usciti dalla Coppa Ticino in malo modo ed è una sconfitta che ci ha fatto male. La Coppa è sempre un obiettivo per qualsiasi società. Siamo rimasti amareggiati, ma trovarci comunque al secondo posto in campionato ci rende orgogliosi».
La società, dunque, sotto sotto, ci spera...
«Sementina è una società che è sempre pronta e nella storia ci ha sempre provato. Prima che arrivassi io erano già riusciti ad andare in Seconda Interregionale... Ci tengo comunque a dire che non ci mettono alcun tipo di pressione. È bello poter lottare, anche perché - non essendoci i playoff - il rischio che si arrivi in aprile senza più alcuna ambizione è concreto in un campionato del genere. A noi il compito di tenere alta la tensione fino alla fine».
Con sei gol all’attivo sei il capocannoniere della tua squadra...
«Sì, sta girando bene... Diciamo che sto sfruttando il sistema di gioco che adottiamo perché non sono mai stato un giocatore dal gol facile. Quest'anno però, venendo schierato da trequartista, mi riesce più facile buttarla dentro».
Raccontaci la tua avventura in quel di Roma...
«Avevo 15 anni ed è stata un'esperienza intensa che non dimenticherò mai. Vivevo sette giorni su sette a Trigoria, quartier generale della Roma, dove ho fatto sei mesi nel settore giovanile giallorosso. I giocatori della prima squadra li incrociavo tutti i giorni, a volte capitava che mangiassimo con loro. A Totti ho stretto la mano qualche volta...».
C'è un aneddoto relativo a quella avventura?
«Sì, ce ne sono diversi ma ve ne racconto uno. Solitamente il lunedì era il giorno di riposo un po' per tutti e non c'era nessuno che girava per Trigoria. Vista la lontananza da casa io rimanevo lì e una volta mentre stavo facendo palestra è comparso Luciano Spalletti, il quale mi ha chiesto "Ma cosa stai facendo?". Mi ha quindi invitato a giocare a calcio/tennis, disciplina in cui sono molto bravo. L'ho battuto al punto che mi ha quasi insultato chiudendo la nostra partita con uno scherzoso "Non ti chiamerò mai in Prima squadra"».
Hai sognato in grande a Roma?
«Sì, non posso negarlo. A 15 anni ti ritrovi in una città e in un ambiente che vivono di calcio, al punto che non puoi non sognare un grande futuro. C'era per esempio Okaka, giocatore imponente che si vedeva che avrebbe sfondato. Metterei tutti alla prova a dire di no alla Roma per restare al Team Ticino. Evidentemente con tutto il rispetto per un movimento che lavora seriamente».
Una scelta che...
«A causa della mia decisione di trasferirmi in Italia, oggi risulto calcisticamente extracomunitario. Quando sono tornato (dopo Roma Tonelli ha trascorso qualche stagione in Serie C e Serie D in Italia, ndr) stavo per firmare con l’allora Chiasso di Ponte, in Challenge League, prima che la società si accorgesse di aver già troppi giocatori extracomunitari in squadra. Il trasferimento era quindi saltato proprio all’ultimo e così ero andato a Mendrisio in Prima Lega. Purtroppo i tre anni dai 15 ai 18 sono quelli che contano a livello di formazione e la scelta di andare a Roma, da questo punto di vista, alla fine l’ho pagata...».