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«Appartiene a due continenti come tanti di noi»

Nato in Argentina, si è consacrato in Italia: la storia di Diego Milito - eroe del Triplete - è condita da scelte fatte anche col cuore
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«Appartiene a due continenti come tanti di noi»
Nato in Argentina, si è consacrato in Italia: la storia di Diego Milito - eroe del Triplete - è condita da scelte fatte anche col cuore
Christian "Jimmy" Gimenez: «Umile e benvoluto, è diventato grande senza qualità innate straordinarie. Ai ragazzi lo indico sempre come esempio da seguire».
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BUENOS AIRES - Il principe di Bernal, diventato Re nella notte di Madrid. La testa corre al 22 maggio 2010 e l’identikit illumina in un amen la mente degli appassionati, che con un semplice indizio hanno già dato un nome e un cognome al nostro Indimenticabile di oggi: Diego Alberto “El Principe” Milito. C'è chi ha vinto molto di più vivendo un'intera carriera sotto i riflettori, ma nel suo “prime“ - per usare un termine caro alle nuove generazioni - il bomber argentino ha toccato vette altissime. La sua è l’ascesa di un giocatore umile, che ha fatto la gavetta fino ad arrivare sul tetto d’Europa, partendo dalla provincia di Buenos Aires, dove è nato il 12 giugno del 1979.

In cerca di fortuna

Tutto parte da Terranova da Sibari, piccolo paesino in Calabria con meno di 5¦000 abitanti che diede i natali ai nonni Salvatore e Caterina, emigrati per cercare fortuna. Una storia che si snoda su due continenti, con un romantico viaggio di andata e ritorno. Sì perché l'Italia, rimasta nei pensieri di Diego («Sono qui perché volevo conoscere questa terra, i miei nonni mi hanno sempre parlato di un luogo magnifico»), sarà la sua isola felice. Dopo gli inizi col Racing club de Avellaneda, col quale ha vinto il torneo di Apertura nel 2001, è Preziosi a puntare le sue fiches su di lui. Un’intuizione geniale. Nel gennaio 2004 si lega al Grifone, che all’epoca militava in Serie B. Categoria che gli va strettissima e che, a suon di gol, aiuta il Genoa a lasciare l’anno dopo, sotto la guida di Serse Cosmi. A quel punto, tra Milito e il sogno della Serie A, si mise di mezzo la giustizia sportiva sanzionando i liguri e declassandoli in C1. Diego allora rifà le valigie e vola in Spagna al Real Saragozza, dove ritrova il fratello Gabriel - difensore apprezzato che vincerà anche due Champions col Barça - e in tre anni, tra acuti e delusioni, segna oltre 50 gol. La stagione 2007/08 si chiuderà però con una rumorosa retrocessione. 

Nel destino, il grande ritorno

Il Tottenham lo vuole, ma El Principe sceglie col cuore e sul gong del calciomercato torna al Genoa, che nel frattempo è risalito in A ed è allenato da Gasperini. È il secondo ritorno, fortunatissimo, nel Paese delle origini. Vive un’annata memorabile - i rossoblù arriveranno quinti - e segna in ogni modo: i gol saranno 26 in 31 match a fine stagione, con tanto di tripletta nel derby vinto 3-1 con la Samp.

ImagoIl 3 maggio 2009, con la sua tripletta, è entrato nella storia del Derby della lanterna.

Già amatissimo diventa ancora di più l’idolo dei tifosi, ma in estate, insieme a Thiago Motta, altro leader di quella squadra, cambia maglia e passa all’Inter. Un doppio colpo clamoroso sull’asse Preziosi-Moratti, col patron nerazzurro che sborsa 18 milioni cash, più cinque contropartite tecniche tra cui Leo Bonucci (oltre ad Acquafresca, Bolzoni, Fatic e Meggiorini).

Da Principe a Re (Mida)

Con l’Inter, in un anno, vince tutto. La corazzata di Mourinho conquista il campionato, la Coppa Italia e la Champions League, firmando lo storico Triplete. Milito gioca 52 partite e segna 30 gol, risultando decisivo in tutte le competizioni. Un "killer" implacabile che ha toccato l’apice nella notte del Bernabéu, con la doppietta che ha frantumato le speranze del Bayern Monaco (2-0). Da applausi il lampo che ha stappato il match, indimenticabile la sterzata che ha steso Van Buyten e fatto calare il sipario.

ImagoLa rete del 2-0 sul Bayern Monaco.

Quello è stato il punto più alto della sua carriera, proseguita altre quattro stagioni con la maglia nerazzurra (ancora tante reti, come il poker rifilato al Palermo nel 2012, nonostante qualche stop per infortunio), prima del ritorno in Patria. Per chiudere in bellezza col club che l’aveva lanciato e che aiuterà a conquistare un titolo nazionale. L'ultima partita, con tanto di gol su rigore, nel maggio 2016. Dopo il ritiro è stato per alcuni anni dirigente del Racing, poi lasciato per dissensi coi vertici societari. E allora, dal dicembre 2024, un’altra “sterzata” delle sue: proprio Milito, vincendo le elezioni, è diventato presidente del club.

«Oltre ad essere stato un ottimo attaccante, è quello che, da procuratore, indico come esempio perfetto per i più giovani - Ci spiega Christian “Jimmy” Gimenez direttamente da Buenos Aires, dove di recente ha accolto il ct Murat Yakin, volato dall’amico per visionare in ottica Nazionale il terzino Lucas Blondel del Boca Juniors - “El Principe" si è sporcato le mani ed è partito dal basso, con umiltà. È sempre migliorato un passo alla volta. Non aveva qualità innate straordinarie, non era il più veloce né quello col colpo di testa migliore, ma sapeva giocare coi compagni e fare il bene della squadra. Era efficiente. E non è così scontato se capite cosa intendo. Il calcio non è solo essere bravi tecnicamente… lo dico sempre ai ragazzi. Poi in suo favore parlano anche i numeri, è stato un bomber di razza».

Il Grifone gli ha messo le ali e ha spiccato il volo, diventando re con la maglia dell’Inter. «Ha aiutato tantissimo Mourinho in quella cavalcata ed è entrato di diritto nella Hall of Fame dei nerazzurri. Quando si pensa a Milito il primo ricordo è il dribbling su Daniel Van Buyten. Credo che il belga lo cerchi ancora adesso… Quella di Diego è una storia che si intreccia tra due continenti. Un po’ come tanti di noi, che siamo partita dall’Argentina e abbiamo trovato fortuna in Europa. L'Albiceleste ha avuto calciatori più forti, ma lui è enormemente rispettato e benvoluto, rientra giustamente tra gli indimenticabili».

ImagoL'abbraccio tra Mourinho e Milito, figure determinanti nella cavalcata verso il Triplete.

Nel suo presente c'è ancora il Racing. «Ho avuto la possibilità di conoscerlo e lavorarci a stretto contatto per alcune trattative - aggiunge il procuratore - È una persona davvero molto in gamba e fa il bene del club che adora. In dicembre, quando è iniziata la sua era, lo ha definito come una famiglia dicendo che “lo difenderà con la vita”, come ha sempre fatto sul campo».

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COMMENTI
 

MarcN.7 1 mese fa su tio
Ci fosse uno che sia partito dall’alto
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