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La tracheotomia in pista, la rinascita, i due titoli iridati: Häkkinen, gentleman e campione

Mika Häkkinen, uno dei grandi signori del motorsport, ha duellato con la Ferrari di Schumi e Irvine scrivendo pagine indelebili della F1
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La tracheotomia in pista, la rinascita, i due titoli iridati: Häkkinen, gentleman e campione
Mika Häkkinen, uno dei grandi signori del motorsport, ha duellato con la Ferrari di Schumi e Irvine scrivendo pagine indelebili della F1
Nel 1995 rischiò la vita ad Adelaide, tre anni dopo salì sul trono a Suzuka. Con Schumi mille battaglie e tanto rispetto, prima dell’inizio dell'epoca d’oro della Rossa.
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VANTAA - È stata di uno sgargiante color papaya l’alba del Mondiale 2025, segnata dal successo di Norris a Melbourne e dal chiaro messaggio mandato dalla McLaren alla concorrenza. Dall’Australia è scattata la caccia al titolo, e legandoci alla terra dei canguri prendiamo spunto per il nostro Indimenticabile di oggi. Perché vi è nato? No. Perché lì si è consacrato? Nemmeno. Il circuito di Adelaide, che ha ospitato la F1 in undici occasioni, resta però una sorta di spartiacque nella sua carriera. Tutto poteva finire quel giorno, il 12 novembre 1995, ma fortunatamente così non è stato. La vita gli ha dato una seconda chance - ci ha messo del suo anche un eroico Sid Watkins, medico della FIA - e lui, Mika Häkkinen, l’ha sfruttata fino a diventare due volte campione del mondo. 

Le origini
Nato a Vantaa nel 1968, è sempre stato circondato da motori e piloti. Come un habitat naturale. Il primo Kart gli è stato regalato all’età di 4 anni da Henri Toivonen, futuro pilota di rally poi scomparso nel 1986. Alla fine degli anni ‘80 inizia a mettersi in evidenza nei campionati nordici di Formula 4, ma il botto - in questo caso in senso buono - lo fa nel 1990 vincendo alla grande il titolo inglese di Formula 3. A fine anno a Macau andrà in scena anche il primo acceso duello con Michael Schumacher, suo grande rivale. Un dualismo feroce? Come fame di vittorie sì, ma tra i due in realtà c’è sempre stato enorme rispetto. E per certi versi sono stati legati dal destino. Il 1991, con Häkkinen ingaggiato dalla Lotus e Schumi alla Jordan, sarà per entrambi l’anno del debutto in Formula 1 (saltando la F2).

ImagoRivali sì, ma con grande rispetto reciproco.

Da Lotus a McLaren
Nei primi due anni alla Lotus, con una monoposto non al top, ottiene sette piazzamenti a punti e si dimostra veloce. Abbastanza per farsi notare da un vecchio volpone come Ron Dennis, che lo porta in McLaren. C’è però un problema: a Woking i due volanti sono già occupati da un certo Ayrton Senna e Michael Andretti (al debutto in F1). Häkkinen accetta il ruolo di collaudatore, rischiando di uscire un po’ dai radar. A tre gare dalla fine arriva però la sua grande occasione. Via Andretti, “rispedito” in America, dentro Mika. Nelle qualifiche all’Estoril, in Portogallo, lascia tutti a bocca aperta e chiude terzo davanti a Senna. La gara sarà sfortunata, ma in quella successiva, in Giappone, arriva già il primo podio. Segnali importanti.

Nel 1994 il campione brasiliano lascia la McLaren per andare in Williams, con Mika ovviamente confermato. In quel Mondiale, segnato dai tragici eventi di Imola - weekend maledetto con la scomparsa di Ratzenberger e Senna - il finnico chiuderà quarto nonostante una vettura non particolarmente affidabile.

Grande paura ad Adelaide
La McLaren cambia motore e passa a Mercedes, ma i problemi d’affidabilità rimangono. Nasce così una stagione da soli 17 punti e un finale terrificante. Ad Adelaide, proprio nell'ultimo GP, Häkkinen non dovrà lottare per la vittoria, ma per la vita. La sua auto decolla e va a schiantarsi contro le barriere a 200km/h. Si capisce subito la gravità dell’accaduto. Per salvargli la vita il medico Sid Watkins, altra lucida leggenda del motorsport, effettuò una tracheotomia d’urgenza direttamente in pista. Trasportato in ospedale, Mika rimase in coma due giorni. Nello schianto riportò una frattura al cranio con commozione cerebrale, una frattura allo zigomo, perse diversi denti e rimediò ferite piuttosto serie alla lingua. Non perse però la vita, grazie ai soccorsi eroici. L’unico danno permanente fu quello dell'udito dell’orecchio destro.

Fino alla gloria

Grazie a una ripresa eccezionale a inizio 1996 torna subito in pista. Praticamente una rinascita. Si conferma veloce e si toglie qualche soddisfazione - quattro podi - ma per il bersaglio grosso deve ancora attendere. La prima vittoria, favorita da Coulthard e Villeneuve, arrivò a Jerez de la Frontera nell’ultima prova del 1997. Gara segnata dal duello rusticano proprio tra Jacques Villeneuve (laureatosi campione del mondo) e Michael Schumacher, uscito di scena. Ma questa è un’altra lunga storia. 

Da lì cambiò tutto. Come un clic, anche mentale. Il ‘98 inizia con la vittoria a Melbourne e il bis a Interlagos, sempre davanti al compagno David Coulthard. Sarà un Mondiale segnato dalla battaglia serratissima con Schumi e dall’incidente clamoroso di Spa, col fuoriclasse tedesco (primissimo) che sotto il diluvio centrò Coulthard, lentissimo, in fase di doppiaggio. Uno degli episodi più iconici di sempre, con la Ferrari rimasta su tre ruote e Schumacher su tutte le furie. 

ImagoLa Ferrari di Schumacher a Spa: una scena iconica e controversa.

Mondiale comunque deciso sul filo del rasoio, col capolavoro anche strategico del finlandese al Nürburgring nella penultima gara. Opera poi completata a Suzuka, teatro di un altro round emozionatissimo. La macchina di Schumi, in pole e forse tradito dalla tensione, si spegne prima del giro di formazione e lo costringe a partire ultimo. Strada praticamente spianata per Häkkinen, che vince il GP e scrive il suo nome nell’albo d’oro.

Bis e tramonto
L’anno successivo è quello dall’infortunio di Schumacher, costretto a saltare sei gare dopo il botto a Silverstone. A tenere alti i colori della Rossa fu comunque un grandissimo Eddie Irvine, che lottò fino all’ultima gara col nativo di Vantaa, nuovamente incornato per soli 2 punti grazie al successo decisivo in Giappone.

ImagoSuzuka 1999: Häkkinen prova a consolare Irvine, battuto di soli 2 punti dopo un Mondiale pazzesco.

Piazzato il bis, per il tris non ci sarà spazio. Inarrestabile l’ascesa di Schumi e della Ferrari, con l’inizio di un’epoca d’oro segnata da cinque mondiali consecutivi. Nel 2001, a 33 anni, Häkkinen decide di prendersi un anno sabbatico. In F1 in realtà non tornerà mai, ma i suoi numeri rimarranno per sempre. 2 mondiali, 20 vittorie, 51 podi, 26 pole position e 25 giri veloci. 

«Parlare di Mika mi scalda il cuore, perché da piccolo ero un suo tifoso e ho diversi ricordi - interviene il pilota ticinese Alex Fontana - Nel 1999 mio papà mi aveva portato proprio a Monza a vedere la Formula 1, nella gara in cui Mika, al comando, insabbiò la sua McLaren alla prima variante. È stato un altro momento iconico con la sua corsa oltre il guard rail prima di accovacciarsi in lacrime. Io avevo anche il suo cappellino e ricordo che “piansi con lui”, con mio padre a rincuorarmi. Ci ero rimasto malissimo. “Dai che vincerà la prossima", mi diceva. Poi quel mondiale in effetti lo vinse lo stesso (ride, ndr)».

In pista era un gentleman. «Sì, non era uno di quelli che per vincere ti butta fuori. Un po’ più borderline alla Verstappen. Togliendo l’aspetto mediatico da superstar, come guida era più simile a un Lewis Hamilton. Häkkinen in pochi anni ha fatto tanto. Poi ha corso ancora in categorie turismo, ma neanche troppo. Si è via via distaccato. Ora capita di incontrarlo nel paddock, ma nel complesso ha cambiato vita».

Il ricordo di Alex Fontana.

ImagoHäkkinen e Coulthard: un team vincente.
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COMMENTI
 

Romano 1 gior fa su tio
Quando la F1 era davvero uno spettacolo, che bei tempi
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