Il personale di controllo delle FFS si rivolge spesso ai passeggeri personalmente. Per alcuni viaggiatori questo pone un grosso problema in termini di privacy
ZURIGO - Quel «Grazie mille, le auguro una buona serata Signor S.» pronunciato da un controllore delle FFS proprio non è andato giù a Sandro S.*, un lettore di 20 Minuten che stava rientrando in Vallese al termine del weekend. Il problema è quello ovviamente della privacy.
«Decido io a chi far sapere il mio nome» - Il caso non costituisce un unicum. Proprio come il 35enne, sono in tanti a manifestare un certo fastidio nel sentire il proprio nome pronunciato ad alta voce in mezzo ad altre persone: «Siamo su un trasporto pubblico, non nella sala d’aspetto del dentista», sottolinea un secondo lettore. Altre testimonianze seguono questo filone. «Voglio decidere da sola se chi mi sta attorno possa conoscere il mio nome. Non è necessario pronunciarlo ad alta voce in mezzo al vagone», spiega la 29enne Céline M. E per qualcuno che ha già avuto esperienze negative, ad esempio di stalking, la questione è ancora più problematica: «È terribile sentire il proprio nome pronunciato ad alta voce in mezzo al treno. Se volessi farlo sapere a tutti girerei probabilmente con una targhetta».
A qualcuno però piace - Insomma, preservare la propria riservatezza è un argomento caro a molti. Non manca però chi si pone all’estremo opposto e non solo non lo considera un problema, ma anzi mostra apprezzamento per il modo di agire dei controllori. «In una società che si muove così velocemente il contatto personale è troppo spesso relegato in secondo piano». E ancora: «In questo modo ci si sente una persona e non solamente un oggetto da controllare».
Nessuna linea ufficiale, ma… - Una linea ufficiale delle FFS in questo ambito in ogni caso non esiste, conferma il portavoce Stephan Wehrle, che sottolinea però come il personale sia molto competente in materia e il contatto personale sia generalmente ben accolto dai passeggeri. In caso di dubbio «il personale del treno dovrebbe rinunciare a rivolgersi ad una persona utilizzando il suo nome» ha invece sottolineato l’incaricato federale alla protezione dei dati e della trasparenza Adrian Lobsiger.