La task force voluta dalla Confederazione ha sviluppato delle raccomandazioni per realizzare prodotti di qualità.
Per testarle, le simulazioni sono avvenute ricreando goccioline di saliva artificiale colorata
DÜBENDORF - Si vedono sempre di più, soprattutto sui social network. Colorate, con scritte ironiche e pure di marca. Stiamo parlando delle mascherine di stoffa. Ma sono davvero sicure, oppure stanno diventando un accessorio legato al look?
In conferenza stampa, il 24 aprile, Daniel Koch aveva detto che le mascherine di stoffa fai-da-te potrebbero non essere sicure e che si era alla ricerca di una soluzione. Tre giorni dopo Markus Näf aveva precisato che «solo con mascherine lavabili e riutilizzabili sarà possibile coprire il fabbisogno della popolazione». Ma bisogna «trovare il tessuto giusto», così come il corretto «numero di strati».
Interpellato da Tio/20minuti a inizio settimana, il laboratorio federale svizzero per la scienza e la tecnologia dei materiali (EMPA) aveva accennato al progetto “ReMask” avviato con partner di tutta la Svizzera in collaborazione con l’industria tessile su incarico della National Covid-19 Science Task Force della Confederazione. E oggi è possibile saperne di più: sono state emanate specifiche e precise indicazioni per la realizzazione di mascherine di stoffa - cosiddette “maschere comunitarie” lavabili - che dovrebbero ridurre al minimo il rischio di contagio. La task force “Masques” ha formulato le raccomandazioni sulla qualità.
René Rossi, del laboratorio di San Gallo, spiega che «le simulazioni sono avvenute ricreando delle goccioline di saliva artificiale colorata». Ciò ha permesso di testare mascherine e tessuti filtranti, considerando tre fattori: permeabilità all’aria, resistenza agli schizzi ed efficienza di filtrazione delle particelle.
I protocolli verranno ora testati presso la TESTEX AG di Zurigo. L’azienda ha già lanciato un’etichetta (vedi allegato) per assicurare alla popolazione svizzera garanzia di protezione, sulla base delle raccomandazioni della task force scientifica dell’EMPA. Raccomandazioni che sono state inviate anche ad altre aziende tessili su territorio svizzero, così che la produzione possa iniziare subito. Chiunque venda questi prodotti, è invitato a fornire ai clienti la certificazione sulla protezione data.
L’uso di “mascherine comunitarie” - precisa l’EMPA - è pensato per ridurre al minimo il rischio di trasmissione e quindi, proteggere l’ambiente. Queste maschere di stoffa, lavabili e riutilizzabili, servono principalmente a quello che viene chiamato “controllo del codice sorgente”, che mira a impedire la propagazione di materiale virale proveniente da un portatore infetto. In pratica, riducono il numero di goccioline che vengono espulse da una persona che ha il virus, proteggendo l’ambiente circostante e gli altri. Devono essere sufficientemente traspiranti per non creare difficoltà con la respirazione. Ma non sono soggette a standard certificati di tipo PPF 1-3.
L'Empa ha trasmesso le raccomandazioni per la produzione di mascherine di stoffa lavabili a diverse aziende, tra cui AG Cilander (Herisau), Forster Rohner AG, Inter-Spitzen AG, Jakob Schlapfer AG (San Gallo), Schoeller Textil AG (Sevelen), Flawa (Flawil), Universal Reusable Packaging GmbH (Tägerwilen), Schips AG (Tübach), LTB AG (Liestal) e Nahtlos (San Gallo). Le aziende distribuiranno i prodotti attraverso i rivenditori, ma anche direttamente.