Il verdetto sul riconoscimento è previsto il 3 giugno. L'Ufficio federale di giustizia è ottimista
BERNA / BRUXELLES - Non dovrebbe tardare la decisione dell'Unione europea sul riconoscimento dell'equivalenza del diritto svizzero in materia di protezione dei dati. Stando all'ordine del giorno provvisorio, Bruxelles si esprimerà sulla questione il 3 giugno. In caso di responso negativo, gli inconvenienti per le aziende elvetiche sarebbero molteplici e il danno finanziario da quantificare, ma Berna è ottimista.
Il termine equivalenza riporta con la mente alla scorsa estate, quando la Commissione europea rifiutò di prolungare quella riconosciuta alla borsa svizzera, a causa della mancanza di progressi sul fronte dell'accordo quadro. L'Ue aveva in quella circostanza fatto leva su una valutazione tecnica per esercitare pressioni politiche.
Ora si attende di nuovo un verdetto da Bruxelles, questa volta sulla protezione dei dati. Sebbene, sul fronte elvetico, la revisione totale della legge in materia non sia stata ancora terminata, Berna si aspetta che l'Ue la riconosca come equivalente alla sua regolamentazione.
I lavori parlamentari «sono a buon punto e saranno ultimati a breve», fa sapere l'Ufficio federale di giustizia (UFG) all'agenzia Keystone-ATS. È previsto che ciò accada durante la sessione estiva delle Camere federali, in giugno. Si sta in effetti delineando un compromesso in grado di mettere d'accordo i due rami del parlamento sul tema del "profiling" degli utenti, ovvero il trattamento automatizzato di informazioni private e del loro uso per valutare alcuni aspetti personali.
Da Berna si presume che l'Ue stia tenendo d'occhio gli sviluppi. L'UFG è convinto che la revisione di legge garantirà un livello di protezione dei dati in linea con gli standard europei. L'Ufficio federale respinge l'idea di un collegamento con l'accordo istituzionale, come accaduto invece per l'equivalenza borsistica. «Attualmente non vi è alcun segnale che criteri politici entreranno in linea di conto».
L'ipotetico danno finanziario per le aziende svizzere - nel caso in cui a sorpresa la Confederazione dovesse perdere l'equivalenza - è estremamente difficile, se non impossibile, da quantificare. Vi sarebbe però senz'altro «un notevole onere amministrativo supplementare», scrive l'UFG. Senza dimenticare che potrebbero insorgere «svantaggi competitivi». Sarebbe infatti necessario fornire adeguate garanzie, sotto forma di clausole, per trasferire dati personali in Svizzera.
Ciò varrebbe ad esempio per un'azienda farmaceutica dell'Ue che desidera sviluppare un medicamento, se questa dovesse trasmettere informazioni sanitarie a scienziati nella Confederazione. Ma anche le piccole e medie imprese (PMI) elvetiche si vedrebbero praticamente costrette ad accettare clausole standard elaborate dai servizi giuridici delle grandi società europee.
Inoltre, la Svizzera sta diventando sempre più un importante centro per la raccolta dati nel Vecchio Continente, grazie alla sua reputazione di Paese sicuro e stabile, con investimenti per centinaia di milioni all'anno. Solo l'Irlanda ne è dotata in percentuale maggiore rispetto alla sua popolazione. Inutile dire che una mancata equivalenza sarebbe deleteria per il mercato dei servizi digitali.