Per Daniel Koch le persone si faranno testare meno pensando a una semplice influenza stagionale.
L'ex responsabile della Divisione malattie trasmissibili dell’Ufsp continua a monitorare la situazione.
BERNA - Daniel Koch non si ferma. Nonostante non sia più il responsabile della Divisione malattie trasmissibili dell’Ufsp rimane vigile sul coronavirus. A preoccuparlo è l’arrivo dell’inverno che potrebbe far emergere nuovi rischi e rendere più difficile il contact tracing. In quest’intervista spiega perché e parla di cosa sta facendo al momento.
Di cosa si sta occupando in questo periodo?
«Attualmente offro consulenze private. Non ricopro nessun tipo di incarico pubblico e quindi non sono più in contatto con l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp). Faccio qualche video su Instagram, per sensibilizzare la popolazione al rispetto delle misure di protezione per evitare la propagazione del coronavirus. In altri incentivo le attività culturali, come ad esempio teatro, specificando di mantenere le distanze».
Le sue consulenze riguardano unicamente il Covid?
«In questo periodo la gran parte sì. Sono piuttosto impegnato ma anche contento di poter dare il mio contributo ancora adesso».
Chi la contatta principalmente?
«I media mi chiedono spesso un’opinione. Anche alcune squadre sportive si sono rivolte a me per capire come muoversi in questa situazione difficile».
Recentemente ha affermato che i casi di coronavirus registrati negli ultimi giorni sono troppi.
«Le cifre stanno aumentando in fretta. Bisogna prepararsi bene per la stagione fredda. In quel periodo circoleranno altri virus, tra cui quello influenzale, e le persone si faranno testare meno per il coronavirus, pensando appunto di avere un semplice raffreddore. Questo renderà più difficile il contact tracing e i casi aumenteranno».
Come si può evitare questa situazione?
«Spiegando alla popolazione l’importanza di sottoporsi al test non appena appare il minimo sintomo. Questo vale anche ora: dobbiamo abbassare il più possibile il numero di persone contagiate. Essenziale resta lavarsi regolarmente le mani e il distanziamento sociale».
Molte persone trascorrono tanto tempo all'aria aperta.
«È normale avere voglia di godersi l’estate, ma non possiamo abbassare la guardia e rischiare di ricadere in un periodo di forti restrizioni. Il problema è lontano dall’essere risolto e i danni di un altro lockdown sarebbero immensi sia dal punto di vista sociale che economico».
Lei ha ricevuto molte critiche riguardo alle misure adottate quando era responsabile della Divisione malattie trasmissibili dell’Ufsp.
«È normale che a posteriori ci siano. Succede in tutte le crisi. Ora però non è il momento: è più importante parlare di come gestire la situazione attuale e adattarsi ai cambiamenti».
Quanto è stata importante l’esperienza delle altre nazioni, come l’Italia, a inizio pandemia?
«L’Italia ha avuto un ruolo cruciale per tutta l’Europa, essendo stata la prima nazione vicina ad aver registrato molti casi. È stato un esempio a cui fare riferimento. La Svizzera ha avuto la sfortuna di essere stata circondata da paesi fortemente colpiti. Penso non solo all’Italia, ma anche alla Francia».
Molte sono state le critiche riguardo ai frontalieri.
«Non sono stati loro a far scoppiare la pandemia in Svizzera. I lavoratori stranieri se malati stavano a casa. Sono i confederati che hanno visitato altri paesi ad introdurre il virus da noi».