In Ticino metà delle aziende ricorre al telelavoro. Ma la Camera di commercio è critica su alcune "storture"
L'avvocato: «I datori di lavoro dovrebbero fornire strumenti ergonomici o coprirne le spese».
LUGANO/BERNA - I casi di coronavirus in Svizzera aumentano vertiginosamente e alcune aziende stanno già reagendo. «In Ticino sono circa la metà le aziende che in proporzioni diverse fanno capo al telelavoro», afferma Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio cantone Ticino, «In alcuni casi si tratta di trasformazioni durevoli».
Criteri attuali di difficile gestione - Per Albertoni alcuni criteri di protezione vanno rivisti per coincidere con le differenti esigenze di ogni tipo di lavoro. «Certe misure protettive bloccano alcune aziende in maniera sproporzionata», e fa l'esempio di un'azienda che ha rischiato di dover chiudere tutta la produzione per un caso positivo asintomatico, perché si prospettava la quarantena per tutti i 30 addetti alla fabbricazione. Poi per fortuna si è scoperto che la persona in questione in quei giorni non era stata operativa e il rischio è stato scongiurato: «Si è trattato di un colpo di fortuna. Sono casi comunque che si ripresenteranno nei prossimi mesi. Per una persona malata, o anche solo presunta malata fino ai risultati dei test, è prevista la quarantena generale».
Trovare un equilibrio - Per questo bisogna trovare delle soluzioni equilibrate - prosegue- che tutelino sia la salute delle persone che il lavoro». A questo proposito la Camera di commercio incontrerà nelle prossime settimane il Consiglio di Stato anche se «è difficile trovare una linea che funzioni per tutti».
La situazione in Svizzera - «Non siamo diversi dagli altri cantoni», afferma Albertoni, che è anche presidente della Camera di commercio e dell'industria svizzera. «La situazione del Ticino è simile al resto della Svizzera. Il contact tracing sta diventando sempre più difficoltoso e l'home working è possibile solo per il settore dei servizi e per la parte amministrativa delle aziende».
Riunioni solo virtuali - Anche altre grandi aziende come Aldi, Coop e Lidl Svizzera circa tre settimane fa ha permesso a un maggior numero di dipendenti di lavorare di nuovo da casa dopo l'aumento dei casi di Covid-19: «Stiamo costantemente monitorando la situazione attuale e abbiamo reagito di conseguenza all'aumento ampliando il nostro home office», ha detto un portavoce di Lidl a 20 Minuten. Lidl ha anche rafforzato le misure di protezione presso la sua sede centrale di Weinfelden. A causa delle dimensioni dell'edificio dove si trovano gli uffici, la distanza può essere generalmente sempre mantenuta. Da allora, le riunioni si sono svolte solo virtualmente.
Mantenimento delle operazioni - L'esperto di risorse umane Michel Ganouchi di Recruma trova comprensibile che i direttori stiano spostando un numero maggiore di dipendenti in home office: «I datori di lavoro vogliono usare il telelavoro per proteggere i dipendenti, ma anche per mantenere le operazioni. Se non lo facessero, intere squadre dovrebbero andare in quarantena in caso di infezione». Visto il numero crescente di casi, i dipendenti vogliono lavorare di nuovo a casa. «In questa situazione, si consiglia ai datori di lavoro di allentare di nuovo le redini», dice Ganouchi.
Non bisogna esagerare - Secondo l'esperto di risorse umane Jörg Buckmann è giusto, per i dipendenti che non devono necessariamente essere sul posto per lavorare, di fare home office. «Ma non bisogna nemmeno esagerare. Le distanze possono essere mantenute anche in ufficio».
I datori di lavoro devono adempiere ai loro obblighi - Per l'avvocato Luca Cirigliano, la Confederazione Svizzera dei Sindacati considera gli uffici domestici prescritti come una misura di sicurezza accettabile nella situazione straordinaria. «Se non c'è altra opzione, se c'è spazio nell'appartamento e la misura è proporzionata, non ci si può opporre all'home office». Ma il datore di lavoro deve anche svolgere i suoi compiti in caso di telelavoro e fornire strumenti ergonomici o coprirne le spese. In caso di uffici domestici prescritti in tempi di pandemia, sono incluse anche le quote di affitto e di riscaldamento. «Pochissimi datori di lavoro lo fanno», dice Cirigliano.
Telelavoro come standard - Dall'inizio della crisi, molte aziende offrono l'home office in Svizzera. Alcune aziende hanno fatto anche un passo avanti: il Gruppo Siemens ha fatto del telelavoro uno standard globale nel mondo aziendale. Più della metà dei dipendenti lavora da casa per due o tre giorni. Questo riguarda circa 140.000 dipendenti in tutto il mondo.