Dall'elaborazione dei dati, al supporto a chi si trova in quarantena. Un contact tracer racconta il suo lavoro.
Quotidianamente è confrontato con decine di casi: «A metà giornata ho già il cervello in pappa, ma a fine giornata sono felice».
BERNA - Con la tracciabilità delle infezioni attraverso il tracciamento dei contatti, il coronavirus avrebbe dovuto essere sotto controllo. Ma l'operazione sta diventando sempre più difficile a causa del crescente numero di casi. «Il sistema ha raggiunto i suoi limiti», ha ad esempio dichiarato ieri alla stampa il Medico cantonale di Zugo Rudolf Hauri.
Fra chi ha assistito in prima linea a quella che molti non esitano a chiamare una sconfitta c'è Hans (nome di fantasia). «Eravamo già completamente sovraccaricati due settimane fa», afferma il contact tracer. «Potevamo fare tutti gli straordinari che volevamo: era inutile», prosegue il giovane, che si occupa del contact tracing in un cantone di lingua tedesca da quasi due mesi.
Dopo quattro ore il cervello è in pappa - Hans lavora nel call center di un'organizzazione a cui molti cantoni svizzeri esternalizzano la ricerca dei contatti. Quando, alla fine dell'estate, il numero di casi è risalito, la pressione ha cominciato a essere decisamente maggiore: «È un lavoro duro», dice. Devi rimanere sempre costantemente concentrato e non puoi permetterti di commettere errori. «Allo stesso tempo, non devi perdere tempo ed elaborare i tuoi casi il più rapidamente possibile». Si tratta di un lavoro anche molto ripetitivo, visto che la maggior parte delle telefonate sono più o meno le stesse, dice Hans: «Dopo essere stato al telefono per quattro ore, il tuo cervello è fuso».
Informazioni solo tramite e-mail o SMS - L'elaborazione dei dati è diventata un'elaborazione di massa nelle ultime settimane, afferma ancora Hans. Solo coloro che sono risultati positivi verrebbero stati contattati per telefono. Il medico cantonale informerebbe invece le persone entrate in contatto con qualcuno d'infetto, e che quindi devono essere messe in quarantena, solamente tramite e-mail o SMS. Un agire che Hans critica: «In questo modo non puoi più approfondire i problemi specifici delle persone». Ciò porta a maggiore incertezza. In estate, la ricerca dei contatti aveva molto più il carattere di una sorveglianza: «Le persone venivano chiamate tre volte durante l'intera quarantena e venivano accompagnate. Si sviluppava anche un legame con alcune persone».
A fine giornata sono felice - A causa del numero crescente di casi, il suo cantone ha ripreso il completo comando delle operazioni, afferma in conclusione Hans. Ora al suo gruppo di ricerca viene assegnato un certo numero di casi ogni giorno da elaborare. Lui gestisce circa 15 casi al giorno: «Lo stress per noi è diminuito, ma ora il cantone è sovraccarico». Nonostante le difficoltà, giudica ancora il suo lavoro interessante: «Alla fine della giornata sono comunque felice di aver dato il mio contributo».