Gli ospedali si stanno rapidamente riempiendo di pazienti Covid e gli epidemiologici ritengono inevitabile un blocco.
Il mondo economico invece invita alla calma: «Decisioni affrettate possono avere ripercussioni catastrofiche. Aspettiamo che le misure introdotte una settimana fa diano i loro frutti».
BERNA - Lockdown sì. Lockdown no. Quello di un secondo blocco è ormai diventato un pensiero che preoccupa gran parte della popolazione elvetica. I risultati delle nuove misure per contenere la diffusione della malattia, introdotte sette giorni fa dal Consiglio federale, dovrebbero dare i primi frutti durante questa settimana, ma nel frattempo la situazione epidemiologica in Svizzera si è ulteriormente deteriorata come ben dimostrano i 6'634 nuovi contagi registrati lo scorso venerdì.
Nuove misure già mercoledì - Per questo motivo, il Consiglio federale è chiamato a un nuovo (e più deciso) intervento. Mercoledì, infatti, i "sette saggi" potrebbero decidere una sorta di Lockdown parziale. Un cosiddetto "Slowdown" (ovvero un rallentamento) a livello nazionale. Alcuni rimedi sono già trapelati: ovvero l'obbligo della mascherina anche all'aperto, un coprifuoco dalle 22.00, un limite di 50 persone per tutti gli eventi e la formazione a distanza per gli studenti del post-obbligatorio.
«Troppo tardi» - Misure, queste, che secondo vari epidemiologi arrivano però «troppo tardi». Per gli esperti, infatti, con questi numeri in continua ascesa servono «interventi drastici». Questa settimana, poi, sarà decisiva anche per molti ospedali che già ora si trovano in difficoltà. A Ginevra ci si attende un picco di ricoveri superiore a quello di marzo e si cercano medici e infermieri, mentre in Vallese i letti acuti iniziano già a scarseggiare. E allora che fare?
«Secondo lockdown quasi inevitabile» - Secondo gli esperti un secondo lockdown è quasi inevitabile. «Se le autorità avessero reagito al più tardi entro la fine di settembre questa situazione si sarebbe anche potuta evitare», precisa l'epidemiologo dell'Università di Berna Nicola Low. Se i numeri continueranno a crescere, infatti, secondo Low di alternative non ce ne sono. «C'è da temere che entro la fine della prossima settimana avremo oltre 10'000 casi al giorno. Non dobbiamo assolutamente aspettare che gli ospedali non abbiano più posto per agire. Ogni giorno conta».
Anche l'infettivologo Andreas Cerny condivide l'idea del collega e ritiene che a Berna si sia perso tempo prezioso. «Nei prossimi sette giorni il numero dei casi potrebbe raddoppiare. Il rischio è che tutto il Paese si ritrovi nella situazione vissuta dal Ticino questa primavera». Ovvero con le terapie intensive piene e con il personale sanitario messo estremamente sotto pressione.
La visione economica - Il mondo economico, però, mette anche le sue ragioni sul piatto della bilancia. «Un secondo lockdown è ancora molto lontano», sottolinea Hans-Ulrich Bigler, direttore dell'Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM). «Non capisco perché la task force federale stia esercitando una tale pressione sul Governo». Bigler, infatti, precisa che le misure attuali non hanno ancora avuto il tempo per portare a risultati concreti. «Non è ancora emerso come funzioneranno queste e già si vuole cambiare», conclude il direttore di USAM precisando che i concetti di protezione in questo ambito funzionano bene.