Parlano tre infermiere della Svizzera tedesca attive nel settore: «Se potessimo, sciopereremmo».
Gli applausi non bastano più agli operatori sanitari di nuovo in prima linea (con orari disumani) per arginare la seconda ondata. Lo sfogo: «Manca personale. Ho dovuto abbandonare in stanza per più di sei ore il corpo di un paziente morto per il Covid-19.»
BERNA - È iniziata ieri la protesta degli operatori sociosanitari che rivendicano condizioni di lavoro migliori in un settore di nuovo sotto pressione a causa della seconda ondata della pandemia di coronavirus. Gli applausi dai balconi, scrosciati durante la prima ondata, insomma non bastano più. Anche se la responsabilità nei confronti dei pazienti è più forte della rabbia.
«È bello che la gente ci abbia applaudito questa primavera», spiega a 20 Minuten un'infermiera di 25 anni attiva in un ospedale del canton Zurigo. «Ma con questo gesto non possiamo comprarci nulla. Io e i miei colleghi abbiamo spesso discusso d'incrociare le braccia, tuttavia la salute di molte persone è nelle nostre mani e non possiamo esimerci di curarle». Per la 25enne è una questione di responsabilità e di compassione. «Non sciopereremo, anche se il personale infermieristico non può attualmente contare di condizioni di lavoro migliori e la seconda ondata rischia di essere ancora peggio della prima».
Un'altra infermiera, attiva nel canton Berna, è preoccupata della carenza di personale. «Nella prima ondata abbiamo dovuto lavorare a turni di 12.5 ore, a volte sette giorni su sette. Tutto questo è stato massacrante». Ma anch prima della crisi pandemica le cose non andavano meglio. «Lo stress ce lo portiamo dietro da molto tempo. Se dovessi lavorare in ufficio a queste condizioni sciopererei immediatamente».
Anche una 23enne, infermiera in un ospedale della Svizzera centrale, concorda con le colleghe. «Sarei la prima a essere presente a uno sciopero, se potessimo permetterci di farlo. In ogni caso è fondamentale che le condizioni di lavoro migliorino. Esse non sono più accettabili, soprattutto se la seconda ondata dovesse durare a lungo». Occuparsi di tutti i pazienti, infatti, diventa ogni giorno più complicato. «Di recente ho dovuto abbandonare in stanza per più di sei ore il corpo di un paziente morto per il Covid-19. Ho avuto la sgradevole sensazione di non rispettare la sua dignità. Non ho potuto nemmeno occuparmi di lui una volta che se n'era andato».