Cerca e trova immobili

SVIZZERAOspedali romandi a un passo dal collasso

06.11.20 - 08:46
Alcuni pazienti sono già stati trasferiti in strutture della Svizzera tedesca.
Keystone
Il reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Neuchâtel.
Il reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Neuchâtel.
Ospedali romandi a un passo dal collasso
Alcuni pazienti sono già stati trasferiti in strutture della Svizzera tedesca.
Mancanza di letti, ma anche di personale infermieristico. Il direttore sanitario dell'ospedale di Yverdon: «La gente non capisce che il sistema sanitario è sull'orlo del collasso»

NEUCHÂTEL - Gli ospedali romandi provano a resistere come meglio possono di fronte alla seconda ondata del coronavirus. Tuttavia, la situazione attuale è quella di essere a un passo dal crollo.  «I nostri ospedali sono sull'orlo del collasso. È incredibile che questo stia accadendo in Svizzera, ma è proprio quello a cui stiamo assistendo», afferma Julien Ombelli, direttore sanitario dell'ospedale di Yverdon, intervistato da Keystone-ATS.

Pochi letti e poco personale - Di fronte al massiccio afflusso di nuovi pazienti, «aumentare il numero di letti non è sufficiente», conferma Dumeng Décosterd, responsabile delle cure intense all'ospedale Pourtalès di Neuchâtel. A questo si aggiunge la mancanza di personale infermieristico, «molto colpito» dal virus e «stanco» dopo gli sforzi compiuti in questi mesi, sottolinea il dottor Ombelli. «Il tasso di assenteismo sta aumentando», osserva.

I cantoni vicini non bastano più - Per avere un po' di sollievo, gli ospedali romandi possono contare su un coordinamento intercantonale ritenuto eccellente, «a differenza della prima ondata», osserva il dottor Décosterd. Ma ancora una volta, questo non è ormai più sufficiente. Da qui il trasferimento di alcuni pazienti in strutture della Svizzera tedesca, meno affollate. In questo senso, il medico della Rete ospedaliera neocastellana è soddisfatto che mercoledì Alain Berset abbia bacchettato gli ospedali di lingua tedesca che ancora effettuano operazioni non urgenti. Diventati ormai indispensabili, questi trasferimenti tra ospedali sono tuttavia «molto complessi» da organizzare, soprattutto perché i pazienti sono spesso intubati, osserva il dottor Ombelli.

Meglio organizzati che in primavera - Una buona notizia, tuttavia, è che gli ospedali hanno imparato dalla prima ondata. Oltre a un migliore coordinamento intercantonale, la cura e il trattamento dei pazienti sono migliorati. «Intubiamo meno precocemente», spiega ad esempio il dott. Décosterd. Anche in termini di organizzazione, gli ospedali sono meglio preparati che in primavera. «Abbiamo impostato il nostro sistema in brevissimo tempo per accogliere la seconda ondata. Avevamo previsto questo scenario che, purtroppo, si è concretizzato», afferma il dottor Ombelli. Quest'ultimo ritiene che sia «estremamente difficile» criticare le autorità politiche sulla gestione della crisi. Secondo lui, le misure che sono state adottate sono state «nel miglior interesse della salute e dell'economia».
 
Popolazione troppo lassista - Per contro, Ombelli pensa che il messaggio non sia passato a sufficienza tra la popolazione. «Quando parlo con le persone fuori dall'ospedale, mi sembra che non si rendano conto di quello che stiamo passando. Non vedono che il sistema sanitario è sull'orlo del collasso», osserva. La sua impressione è condivisa dal dottor Décosterd. Secondo lui, una certa parte della popolazione non ha preso «la misura» della crisi. Cita l'esempio di indossare una mascherina, generalmente molto rispettata, in contrasto con le direttive sul distanziamento e l'igiene delle mani. «Queste tre misure hanno senso solo se vengono applicate insieme», ricorda.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE