La testimonianza di una recluta ebrea che aveva cominciato la scuola reclute
Tra i camerati andavano per la maggiore le barzellette sugli ebrei e le conversazioni sul nazismo
BERNA - «Cosa succederà quando scopriranno che sono ebreo?» È questa la domanda che si è posto a più riprese un giovane di diciannove anni che aveva cominciato la scuola reclute, convinto che fosse la scelta giusta. Ma che poi si è accorto che quotidianamente era confrontato con barzellette e battute a sfondo antisemita.
La sua storia viene raccontata dal Tages Anzeiger, nell'ambito di un reportage che parla proprio dell'antisemitismo presente nell'esercito svizzero. Una storia, quella del giovane, che si è poi conclusa con la sua decisione di lasciare la scuola reclute per dedicarsi al servizio civile.
In particolare il diciannovenne racconta di un gioco che avveniva con un sergente: quando il sottufficiale gridava «Hollywood! Hollywood!», le reclute dovevano farsi venire in mente una barzelletta. Una di loro doveva quindi raccontarla. E se il sergente non la trovava divertente, tutta la sezione deve fare flessioni. Nella maggior parte dei casi si trattava di barzellette sugli ebrei.
Poi non mancavano i momenti in cui i camerati parlavano appassionatamente di Adolf Hitler. In un gruppo WhatsApp erano frequenti gli scambi di meme sul nazismo.
Una situazione, questa, che preoccupava molto la giovane recluta. In particolare per il fatto che gli altri non sapevano nulla sulle sue origini ebraiche. Il diciannovenne aveva provato a parlarne con i superiori, che lo avevano invitato a dirlo agli altri. Ma lui non se la sentiva proprio, temendo anche per la propria incolumità. E alla fine ha allora deciso di abbandonare l'esercito.
Situazione pericolosa - «Non sono certo che le reclute siano effettivamente antisemite. Forse alcune hanno convinzioni di estrema destra. Ma i giovani condividono le immagini di Hitler soprattutto perché in questo modo oltrepassano dei limiti» afferma Dirk Baier, responsabile dell'Istituto di delinquenza e prevenzione della criminalità all'Università di scienze applicate di Zurigo (ZHAW), interpellato dal quotidiano zurighese.
Ma l'esperto non minimizza la situazione e la definisce come «pericolosa». Se il giovane ebreo avesse informato gli altri sulle sue origini, «non avrebbe dovuto per forza accadere qualcosa, ma c'era comunque il rischio che venisse discriminato o anche attaccato fisicamente».
«Tolleranza zero» - Sul fenomeno prende la parola anche l'esercito, che parla di «tolleranza zero». Così il comandante di corpo Hans-Peter Walser: «Ogni caso di discriminazione è una caso di troppo e mi dà personalmente dispiacere». Sono situazioni che vanno affrontate e non ignorate, secondo Walser. Vanno quindi notificate al comandante di compagnia, «che si può rivolgere al Servizio specializzato per l'estremismo, al Servizio specializzato Diversity, alla giustizia militare, all'assistenza spirituale dell'esercito, al servizio psicologico e pedagogico, al servizio sociale».