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SVIZZERA«Non si può sempre chiamare Mamma Confederazione»

01.02.21 - 14:14
Coronavirus e libero scambio con l'Indonesia: in diretta con il presidente della Confederazione Guy Parmelin
20min
Coronavirus e libero scambio con l'Indonesia: in diretta con il presidente della Confederazione Guy Parmelin
Ecco le risposte alle domande dei lettori di 20 Minuten, in particolare sulla gestione della pandemia in Svizzera

 
I contagi sono in calo. Eppure negozi e ristoranti sono ancora chiusi. E non sono possibili incontri con più di cinque persone.

Sono molti gli interrogativi dei cittadini attorno alla gestione della pandemia. Oggi ne parliamo con Guy Parmelin, che nel pieno della seconda ondata ha assunto la funzione di presidente della Confederazione.

Ma attualmente c'è anche un altro tema a lui caro, quale ministro dell'economia: la votazione federale del prossimo 7 marzo, quando saremo chiamati a esprimerci sull'accordo di libero scambio con l'Indonesia.

14:02

L'intervista al presidente della Confederazione Guy Parmelin è dunque terminata. Grazie di averci seguiti su tio/20minuti.

14:01

Se alla fine di febbraio ci sarà (si spera) un allentamento dei provvedimenti, quale sarà la prima cosa che farà?
«È un'ottima domanda. Per prima cosa andrò di nuovo al ristorante. Ma ci sarebbe molto da fare. Sarebbe bello andare a un concerto di musica classica. Spero di poterlo nuovamente fare al più presto».

14:00

Questo lo dice perché è ministro del turismo?
«No, ma ognuno deve prendere le proprie decisioni. Non si può sempre chiamare Mamma Confederazione».

13:59

Daniel: Per la fine di maggio ho prenotato una settimana di vacanze in Sicilia. Le sembra giusto che gli svizzeri trascorrano ancora le vacanze all’estero?
«Viviamo in un paese in cui ognuno è libero di organizzarsi come preferisce. Ma quando Daniel si troverà in Sicilia, la Confederazione non lo andrà a prendere con l'aereo. Si tratta di responsabilità individuale. Ci sono luoghi belli anche in Svizzera».

13:58

Ma al momento i giovani si sentono rinchiusi.
«Sì, e mi fa piacere che anche loro facciano la loro parte. Ma non sarebbe una buona idea rinchiudere gli anziani. Al momento vediamo la luce fin fondo al tunnel. Se la maggior parte dei cittadini si fa vaccinare, siamo agevolati con i provvedimenti».

13:56

Torniamo a parlare della pandemia.

Joseph: Come mai il Consiglio federale non protegge meglio i gruppi a rischio, in modo che si possa uscire più rapidamente da questo semi-lockdown?
«Non possiamo rinchiudere per mesi tutte le persone a rischio».

13:55

A causa della pandemia, attualmente la votazione sull’accordo di partenariato economico con l’Indonesia non trova molto spazio nei media. Si tratta di una situazione che gioca a favore o contro l’oggetto in votazione?
«Dal 1972 è la prima volta che si tiene una votazione sul libero scambio con l'Unione europea. Possiamo spiegare ai cittadini cos'è il libero scambio. È importante che se ne parli».

13:54

Per la prima volta criteri di sostenibilità sono stati inseriti in un accordo di libero scambio. Ma secondo gli oppositori manca un efficace meccanismo di controllo. E pertanto l’accordo sarebbe soltanto un imbroglio. Cosa ne dice?
«Viene chiaramente indicato come devono avvenire i controlli e quali altre misure sono disponibili. L'alternativa sarebbe importare l'olio di palma senza un accordo e quindi senza criteri di sostenibilità. Sarebbe un errore».

13:52

I contrari si battono contro l’accordo di libero scambio con lo slogan “Stop all’olio di palma”. Cosa ne pensa?
«Ci sono delle clausole per la sostenibilità. Questo significa che l'olio di palma può essere importato soltanto se soddisfa determinati criteri. Si tratta di label internazionali. È una buona cosa per la sostenibilità, per il clima e anche per l'Indonesia».

13:51

Ora parliamo dell'oggetto in votazione il prossimo 7 marzo: l'accordo di partenariato economico con l'Indonesia.

Il commercio con l’Indonesia funziona anche senza questo accordo. Cosa cambierà per i cittadini, se il prossimo 7 marzo passerà il “sì”?
«Stiamo perdendo mercati per le nostre PMI. Si sta quindi parlando di posti di lavoro, che si vogliono assicurare durante la crisi. Sono posti di lavoro che restano in Svizzera e che valgono contributi. Assicuriamo anche un diritto giuridico e abbiamo la possibilità di esportare i nostri prodotti, come formaggio e cioccolato».

 

13:48

Oggi scattano le multe disciplinari per il mancato rispetto delle disposizioni anti-coronavirus. Ritiene che sia una buona cosa?
«Ce l'hanno chiesto i Cantoni, in modo che possano intervenire. Chi non rispetta le regole, viene sanzionato. Così come avviene quando si guida un'auto».

13:47

Quindi non si sa ancora quando si riaprirà?
«Esatto, analizziamo la situazione settimanalmente. Mercoledì ne parleremo ancora, come di consueto».

13:47

Il suo partito chiede la revoca degli attuali provvedimenti per il 1. marzo, in quanto l’economia sta soffrendo e i contagi sono in calo. Alla fine del mese negozi e ristoranti potranno riaprire i battenti?
«La soluzione migliore sarebbe di poter riaprire tutto. Ma la questione va analizzata, in modo da dover evitare una chiusura come in Irlanda o Portogallo. In quel caso verremmo criticati molto».

13:45

Secondo quanto affermato dal ministro delle finanze Ueli Maurer, alla Svizzera il semi-lockdown costa ogni giorno 150 milioni di franchi. Per quanto tempo ce lo possiamo ancora permettere?
«Questa è una buona domanda. Il collega Maurer fa bene a ricordare che questa situazione costa molto ai contribuenti. Bisogna essere molto prudenti e usare i soldi per quei settori in cui sono assolutamente necessari. Stiamo estendendo gli aiuti, perché ci sono ancora delle lacune».

13:43

Lei ricopre il ruolo di presidente della Confederazione durante il secondo anno della pandemia. È un buon anno per questa carica?
«Per tutto il mondo sarebbe meglio se questa pandemia non ci fosse. Come presidente della Confederazione devo guidare il Consiglio federale, in modo che funzioni rapidamente e al meglio. Facciamo un lavoro di squadra per la popolazione. Non è sempre facile. Come ministro dell'economia non posso più recarmi all'estero per incontrare altri ministri, lo posso fare solo virtualmente».

13:41

Lukas ha un complimento: Signor presidente della Confederazione vorrei ringraziare lei e tutto il Consiglio federale. Non è facile trovare una via che vada bene più o meno per tutti. Grazie per il vostro impegno.
«Grazie! Sono convinto che la popolazione comprenda che per noi politici non è facile. In questa situazione cerchiamo di fare del nostro meglio».

13:40

Ma per il caso Rupert non ha contattato le autorità sanitarie turgoviesi?
«Il ministro della sanità Berset l'ha sicuramente fatto. Di certo non è normale».

13:39

Roland: Come mai il miliardario sudafricano Johann Rupert ha potuto farsi vaccinare nel Canton Turgovia? Come presidente della Confederazione, cosa ha pensato quando è venuto a conoscenza della vicenda?
«È una cosa che non ho capito nemmeno io. Va contro la strategia del Consiglio federale».

13:38

Berta: Come mai il tampone non viene richiesto a tutti i viaggiatori che arrivano in Svizzera? Si tratta di una misura economica e si potrebbe comunque verificare con controlli a campione.
«Abbiamo valutato più proposte del genere. Ora puntiamo sui test PCR per i viaggiatori che arrivano in aereo. E devono inoltre compilare un modulo con dati che ci permettano di contattarli. Questo vale anche per chi arriva da regioni considerate ad alto rischio di contagio, quando si arriva in auto o in treno. In questo caso scatta anche la quarantena, che si conclude con un test negativo».

13:37

Bernhard: Come mai il Consiglio federale non chiude finalmente i comprensori sciistici?
«Abbiamo chiuso ristoranti e negozi. E abbiamo adottato misure di sicurezza più severe. Ma è importante che le famiglie possano ancora uscire di casa. Vanno però rispettate le regole. I Cantoni possono chiudere i comprensori. Determinate aree hanno già ricevuto un cartellino giallo».

13:34

Molti lettori ci hanno scritto che devono ancora frequentare le scuole professionali. Non sarebbe utile prevedere una regola valida per tutti i cantoni?
«No, sarebbe sbagliato se la Confederazione decidesse per tutti. È una competenza dei cantoni. Per loro è più facile capire se una misura sia necessaria o meno. Non bisogna dimenticare che gli apprendisti potrebbero avere dei problemi sul mercato del lavoro, se non fossero in grado di frequentare la scuola. Se necessario, i Cantoni chiudono le scuole. Effettuano test e adottano le misure richieste».

13:31

Quando potremo nuovamente organizzare incontri con più di cinque persone?
«Questo non lo so dire. Ma le posso assicurare che non aspetteremo un giorno più del necessario prima di permettere nuovamente incontri con più persone».

13:30

Quindi la salute viene prima dell'economia?
«Sì, bisogna sempre vedere se la misura è efficace per ridurre l'impatto sul sistema sanitario. È sufficiente o bisogna fare di più? Dobbiamo ponderare gli interessi».

13:28

Bibi: Dal punto di vista economico, cosa danneggia maggiormente la Svizzera: due settimane di chiusura totale o più mesi di semi-lockdown?
«Le opinioni degli esperti divergono molto. Ma è normale, non esiste una ricetta generale. Noi cerchiamo sempre di trovare un giusto equilibrio tra l'aspetto sociale e quello economico. Ma la priorità va sempre data alla salute».

13:27

Nicole: Come mai la Confederazione non distribuisce alla popolazione dei test salivari da eseguire a casa? In questo modo i cittadini li potrebbero effettuare a cadenza settimanale. E si troverebbe la maggior parte delle persone positive al virus. Cosa ne pensa della mia idea?
«Costerebbe molto. E sicuramente non sarebbe molto efficiente. Abbiamo già esteso la strategia relativa ai test, con un spesa di circa un miliardo di franchi».

13:25

Prisca: I lockdown scattano per non sovraccaricare i reparti di cure intense. Ora questo non è il caso. E quindi viene a mancare il motivo della misura. Come mai non si procede con degli allentamenti?
«Per mesi il personale sanitario ha lavorato ai limiti delle capacità. Le strutture sono ancora sovraccariche. Ci vuole della capacità per le emergenze e per gli interventi che si possono pianificare».

13:24

Ha paura soprattutto del virus mutato?
«Sì, non lo possiamo sottovalutare. In Irlanda e Portogallo sono attualmente colpiti molti scolari».

13:23

Quindi non pensa che la Svizzera ce la possa fare da sola?
«No, non è realistico».

13:22
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Potrebbe essere utile anche per il futuro. In Consiglio federale ne avete già parlato?
«Sì, ma bisogna mettersi d'accordo con altri paesi. Novartis aiuta per esempio altre imprese, come Pfizer/BioNTech. Ci vuole una migliore collaborazione tra le industrie».

13:20

La Svizzera non ha più un proprio produttore di vaccini. Secondo lei avrebbe senso sovvenzionare la produzione nazionale di vaccini?
«Nella pratica non è quasi possibile. È una questione che va discussa a livello europeo. Certamente andrebbe affrontata la questione su come produrre vaccini e medicamenti. Siamo molto dipendenti dal resto del mondo. Se ne parlerà, per trovare delle soluzioni, ma ci vogliono soluzioni globali».

13:18

È soddisfatto di come stanno lavorando i Cantoni per la campagna di vaccinazione?
«Sì, non bisogna dimenticare che è la prima volta che facciamo una cosa del genere. All'inizio i problemi sono normali, ma ora siamo sulla buona strada».

13:17

Secondo i dati dell’Ufficio federale della sanità pubblica, attualmente la Svizzera ha ricevuto oltre 515’000 dosi di vaccino. Ma sono soltanto 262’000 quelle già somministrate. Come mai il Consiglio federale non esercita ulteriore pressione sui Cantoni, affinché la campagna di vaccinazione proceda più rapidamente?
«Ho visto come sta andando nel Canton San Gallo. Funziona molto bene. Bisogna lasciar lavorare i Cantoni. Ma l'importante è che le persone si vogliano far vaccinare».

13:15

Considerando i ritardi nelle forniture delle dosi, è ancora possibile rispettare la tabella di marcia e quindi riuscire a vaccinare entro la fine di giugno tutte le persone che lo desiderano?
«Sì, ci sono dei ritardi. Ma secondo le informazioni a mia disposizione, saremo in grado di vaccinare il numero di persone previsto».

13:14

Sono stati vaccinati tutti i consiglieri federali?
«Non lo so».

13:13

Lei ha già ricevuto entrambe le dosi del vaccino. Si sente privilegiato?
«No, non penso che si possa dire così. Per il suo funzionamento, la Svizzera ha bisogno di almeno quattro consiglieri federali in salute. Non funziona come in altri paesi dove ci sono molti più ministri».

13:12

Come intende fare perché la popolazione sia più comprensiva?
«Dobbiamo spiegare ancora meglio quali sono le valutazioni che deve fare il Consiglio federale. Stiamo cercando di adottare quanto prima le misure necessarie, ma ci vuole ancora tempo».

13:11

La popolazione è stanca della pandemia. E diventa più aggressiva. Questo la preoccupa?
«Naturalmente, ma tutti assieme dobbiamo rispettare i provvedimenti. La nostra speranza è di uscire il più velocemente possibile dalla pandemia con il vaccino».

13:09

Le misure anti-coronavirus differiscono da cantone a cantone. Questo rende più difficile la situazione...
«Sì, ma in questo modo è possibile adottare misure mirate».

13:08

Ora segue le partite soprattutto in TV?
«Non ho molto tempo per guardare la televisione. C'è molto da fare».

13:07

Signor presidente della Confederazione, attualmente in Svizzera è in vigore un semi-lockdown: negozi e ristoranti sono chiusi, e gli incontri sono possibili con un massimo di cinque persone. Personalmente in questo momento cosa le manca di più?
Parmelin: «È un momento difficile per tutti. A volte mi mancano le partite di calcio. Ma vanno rispettate le misure di sicurezza».

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12:57

A breve inizia l'intervista al presidente della Confederazione Guy Parmelin. Sarà condotta dal collega di 20 Minuten Sandro Spaeth.

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Tamedia