L'esperto di economia comportamentale Gerhard Fehr ritiene che la Confederazione debba essere più severa.
Secondo lo specialista con la campagna attuale non si riuscirà a sorpassare il tasso del 60% di vaccinati e la variante delta potrebbe mettere di nuovo in crisi il settore sanitario. «A chi non vuole essere immunizzato va impedito l'accesso a concerti e ristoranti».
BERNA - Bisogna cambiare marcia nella campagna di vaccinazione: ne è convinto l'esperto di economia comportamentale Gerhard Fehr, che auspica la discriminazione attiva dei non immunizzati, con ad esempio il divieto di andare al ristorante, e la fissazione automatica degli appuntamenti per chi non si è già mosso.
«Secondo le nostre previsioni non riusciremo ad andare oltre un tasso di vaccinazione del 60% con la campagna attuale», afferma Fehr in un'intervista pubblicata oggi dal Blick. «E se prestiamo fede agli epidemiologi dobbiamo superare quella soglia: la variante Delta del virus spingerà infatti ancora una volta il sistema sanitario ai suoi limiti».
Alto rischio per i non vaccinati - Secondo lo specialista - che con la sua azienda di consulenza aiuta i clienti del mondo degli affari e della politica a guidare le persone verso la direzione desiderata dai suoi mandanti - l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) deve continuare a motivare le persone, ma il messaggio deve cambiare: occorre mostrare quello che succede se non ci si vaccina. «Nessuno salirebbe su un aereo se il rischio di schiantarsi fosse dello 0,5%. Ma tutti i non vaccinati sono attualmente pronti a contrarre un virus per cui hanno lo 0,5% di possibilità di morire. Questo andrebbe sottolineato».
Rischi e benefici - Per Fehr bisogna prestare maggiore attenzione ai rischi. «La malattia del Covid-19 è più grave dei peggiori effetti collaterali della vaccinazione. Chi non si vaccina sottovaluta le conseguenze dell'infezione. Questo dovrebbe essere comunicato». Serve più informazione, ma senza spaventare la gente: «Più o meno come facciamo con i prodotti del tabacco».
Multa per chi non si presenta - «Non otterremo però un cambiamento di comportamento solo con la comunicazione», si dice convinto l'intervistato. «L'UFSP dovrebbe emettere una raccomandazione di vaccinazione più severa, che potrebbe avere varie forme. La cosa più efficace sarebbe inviare ai non vaccinati un appuntamento per la vaccinazione, in modo che possano mantenere questo appuntamento o lasciarlo scadere. Ma dovrebbero rinunciare attivamente se non vogliono comparire». Stando al 50enne si potrebbe anche pensare a infliggere una multa a chi non si presenterebbe e non reagirebbe disdicendo l'appuntamento. In tal modo a suo avviso si potrebbe aumentare la quota dei vaccinati di un ulteriore 20%.
La discriminazione come arma - Ci sarà però ancora un 35% che semplicemente non vuole essere immunizzato. «Queste persone possono essere convinte solo se vengono sistematicamente discriminate», si dice convinto Fehr. «Questo significa che solo coloro che sono stati vaccinati potranno andare al ristorante o a un concerto». La discriminazione sistematica - osserva l'esperto - non è una novità, la si incontra continuamente nella vita quotidiana: per esempio, la maggior parte delle persone non può permettersi di andare al ristorante tutti i giorni, ne viene esclusa a causa del suo salario insufficiente.
Propensione volontaria in esaurimento - «Naturalmente, sarebbe molto più auspicabile se un numero maggiore d'individui si vaccinasse volontariamente. Ma la propensione volontaria si sta esaurendo. Sicuramente più persone si vaccineranno in autunno, non appena il tasso di mortalità aumenterà a causa della variante delta, perché è allora che la consapevolezza del rischio della gente salirà di nuovo. Questo non sarà però sufficiente».
Il fine giustifica i mezzi - «Abbiamo bisogno di un alto livello di protezione vaccinale per sopravvivere al coronavirus nel lungo periodo», prosegue l'economista. «E la discriminazione sistematica è l'ultima risorsa prima della vaccinazione obbligatoria. Alla fine, non potremo evitare il dibattito socio-politico sulla discriminazione se vogliamo arrivare a un tasso di vaccinazione di almeno l'80%».
«Può decidere una minoranza?» - «La domanda da porsi è: può una minoranza pretendere di godere di pieni diritti di libertà a spese della maggioranza vaccinata? No, la maggioranza della popolazione non vuole più essere limitata», risponde lo specialista con radici nel Voralberg austriaco. «I vaccinati cominciano a chiedersi perché dovrebbero ancora rispettare le misure anti-coronavirus. Dobbiamo domandarci quali saranno le conseguenze se una grande minoranza rifiuta la vaccinazione. Dopo tutto non accetteremmo nemmeno se il 25% della popolazione si rifiutasse di pagare le imposte».
Incentivi inutili - Lo specialista non crede invece agli incentivi. «Tali ricompense hanno solo un effetto molto ridotto sul tasso di vaccinazione: difficilmente si può cambiare la mente di persone che non vogliono essere vaccinate con incentivi finanziari, al massimo si incoraggerebbe coloro che già vogliono essere vaccinati a farlo più rapidamente», conclude Fehr.