I Cantoni spingono il Consiglio federale a introdurre l'obbligo in bar e ristoranti.
Delusi e frustrati, gli operatori del settore si oppongono con veemenza a questa imposizione: «Non vogliamo una società a due velocità. Vogliamo poter accogliere sia i vaccinati sia i non vaccinati. Abbiamo bisogno di tutti».
BERNA - Il certificato Covid-19 potrebbe diventare, in un futuro prossimo, il biglietto d'ingresso per pub, bar e ristoranti. Molti cantoni, infatti, stanno facendo pressione sul Consiglio federale affinché introduca una misura a livello nazionale che ne obblighi l'utilizzo per bloccare la diffusione della variante Delta, che sta facendo impennare sia i contagi che in ricoveri nel nostro Paese. Una misura, questa, che è stata sostenuta anche dagli esperti della Confederazione ieri in conferenza stampa.
«Non siamo gli untori» - In pratica in bar e ristoranti - se questo piano venisse accettato da Berna - potrebbero entrare solo le persone vaccinate, guarite o testate. Una misura, questa, che naturalmente non piace ai ristoratori che si sentono, ancora una volta, discriminati. «Non siamo noi il motore della pandemia e ci rifiutiamo di richiedere il certificato ai nostri clienti», sottolinea alterato Walter Tobler, presidente di Gasto San Gallo. «Non è ammissibile che ancora una volta sia la gastronomia a pagare per tutti. Coloro che tornano dalle vacanze e le famiglie veicolano il virus molto più che una cena al ristorante».
«Contro una società a due velocità» - Dello stesso avviso è pure il presidente di Gasto Zentralschweiz Rüdi Stöckli che rincara la dose: «Non vogliamo una società a due velocità. Vogliamo poter accogliere sia i vaccinati sia i non vaccinati. Abbiamo bisogno di tutti».
«Non siamo poliziotti» - Anche Urs Pfäffli, numero uno di Gastro Zurigo, rifiuta l'obbligo di certificato. «Siamo totalmente contrari alla certificazione obbligatoria. Sarebbe uno sforzo troppo grande per prendere un caffè». I ristoratori non vogliono neppure vestire i panni dei poliziotti: «Non è il nostro compito e non siamo nemmeno "addestrati" per farlo. È un controllo che spetta alla polizia».
«Discriminatorio» - Per Florian Eltschinger - comproprietario di un'azienda di catering nel canton Lucerna - l'accesso tramite certificato è discriminatorio e non è nemmeno sostenibile. «Per noi significa un ulteriore sforzo oltre ai concetti di protezione esistenti che abbiamo già implementato con successo».
«Misura divisiva» - Gastrosuisse - da parte sua - mette le mani avanti, ipotizzando che oggi il Consiglio federale dia seguito alle richieste dei cantoni d'introdurre il certificato Covid-19 nel settore della ristorazione. «Ogni giorno 2,5 milioni di persone vengono al ristorante, al caffè o al bar. L'utilizzo del certificato porta alla discriminazione e minaccia di dividere la società».