Il ministro della sanità pensa che i nostri giocatori con origini kosovare possano fare la differenza.
Arben Vitia è convinto che con la loro popolarità potrebbero convincere gli abitanti del Paese balcanico a farsi vaccinare. Anche se lo stesso Xhaka ha deciso di non vaccinarsi.
BERNA - Il ministro della sanità del Kosovo Arben Vitia auspica di ottenere il sostegno dei giocatori svizzeri di calcio con origini albano-kosovare nella lotta contro la pandemia di coronavirus. Essi potrebbero aiutare a convincere gli abitanti del Paese balcanico a farsi vaccinare.
«Sarei felice che i calciatori si impegnassero in una campagna di vaccinazione», ha dichiarato Vitia in un'intervista pubblicata alla SonntagsZeitung, forse dimenticandosi che lo stesso Granit Xhaka, capitano e tra i giocatori più rappresentativi della nazionale rossocrociata, non è vaccinato ed è risultato positivo al Covid qualche giorno fa. Ma altre personalità dovrebbero utilizzare la loro influenza.
Il ministro kosovaro ha lui stesso invitato i suoi compatrioti a farsi somministrare il vaccino. Il suo omologo svizzero Alain Berset aveva fatto lo stesso, venerdì, nel corso di un programma televisivo destinato a un pubblico albanofono.
«In situazioni straordinarie anche misure obbligatorie per le persone non vaccinate sono probabilmente necessarie», ha aggiunto Vitia. Ognuno deve capire che la pandemia può essere combattuta soltanto con la vaccinazione. Il Kosovo è stato l'ultimo Paese europeo a iniziare a vaccinare la popolazione il 15 giugno scorso. «Troppo tardi», secondo il ministro.
Situazione difficile - La situazione negli ospedali del Paese è difficile, ha sottolineato Vitia. Tuttavia il numero di letti negli ospedali è aumentato e il ministro della sanità ha ingaggiato 1'500 specialisti per far fronte alla situazione. Nel corso dell'ultima settimana, le ammissioni sono generalmente diminuite, «ma non possiamo però ancora tirare un sospiro di sollievo».
Alla fine delle vacanze estive, il numero di casi positivi di Covid-19 ha ricominciato a crescere. La Task force scientifica della Confederazione ha indicato a fine agosto che il 40% delle persone ospedalizzate sono state infettate durante le loro vacanze. Tra di esse, un numero superiore alla media ha fatto rientro da un soggiorno nei Paesi del sud-est dell'Europa.
I media hanno riferito a varie riprese anche di pazienti Covid-19 in Kosovo che erano arrivati nel Paese balcanico dalla Svizzera. Non si può dire che i kosovari siano in collera contro le persone che hanno trasportato il virus «nei bagagli». «Il coronavirus è dappertutto», ha sottolineato Vitia. Quest'ultimo deplora tuttavia che dei compatrioti non si siano fatti vaccinare in Svizzera, quando ne avevano la possibilità.