Il tasso di occupazione aumenta. E anche il riconoscimento professionale. Lo dice uno studio di Swisslife.
I lavoratori più anziani «si sentono valorizzati nell'impiego, hanno autonomia finanziaria e sono soddisfatti della loro situazione lavorativa», così Andreas Christen, uno degli autori dello ricerca.
BERNA - Gli ultra 55enni sono sempre più attivi nel mondo del lavoro ma ciò nonostante la paura di perdere l'impiego è molta diffusa e influenza le discussioni su aumento dell'età pensionabile. È quanto emerge da uno studio pubblicato oggi da Swiss Life.
Stando ai ricercatori la stragrande maggioranza dei lavoratori più anziani è ben integrata nel mercato: fra i 55-64enni la quota degli occupati è del 73%, ritenuta elevata a livello internazionale e di 7 punti percentuali superiore a quella di dieci anni or sono.
«Per la maggior parte i lavoratori anziani si sentono valorizzati nell'impiego, hanno autonomia finanziaria e sono soddisfatti della loro situazione lavorativa», afferma Andreas Christen, uno degli autori dell'analisi basata su un sondaggio, citato in un comunicato. Tuttavia sussistono lati oscuri: la probabilità di diventare disoccupati diminuisce con l'età, ma se si perde il lavoro le possibilità di ritrovare un impiego comparabile scendono fortemente una volta superati i 50 anni.
Secondo le stime di Swiss Life, dal 6% al 7% della popolazione si ritira non volontariamente dalla vita lavorativa tra i 55 anni e la normale età di pensionamento, a causa del licenziamento o di prepensionamenti per motivi aziendali. «Questa cifra è troppo bassa per parlare di una sistematica spinta dei lavoratori anziani verso il pensionamento involontario, ma è sufficientemente elevata per far sì che molti abbiano paura delle conseguenze della perdita dell'impiego alla fine della loro carriera professionale». osserva Christen.
Solo un quarto dei 55-64enni interpellati da Swiss Life si aspetta di trovare di nuovo un lavoro comparabile se perde quello che ha. Questo comporta anche conseguenze politiche: solo il 30% di coloro che temono il licenziamento sono piuttosto o chiaramente a favore di un'età pensionabile più alta, rispetto al 46% di coloro che considerano sicuro il loro impiego. Più il proprio lavoro è percepito come insicuro, più è probabile che ci si opponga ad un aumento dell'età pensionabile, riassumono gli specialisti dell'assicuratore specializzato nel comparto vita.
Sul fronte dei datori di impiego, delle circa 740 aziende interrogate da Swiss Life, oltre il 70% può in linea di principio immaginare di assumere personale di oltre 55 anni e la maggioranza non incoraggia il pensionamento anticipato. Concretamente però solo il 7% assume gli over 55. Inoltre la maggior parte delle imprese afferma che l'impiego oltre la normale età pensionabile è in linea di principio possibile: tuttavia solo poco meno di un terzo dei datori di lavoro è disposto ad assumere lavoratori in età pensionabile.
Lo studio mostra in generale che la maggioranza delle ditte persegue ancora una politica del personale passiva nel segmento 55+. «Alcune aziende sottovalutano l'imminente cambiamento demografico sul mercato del lavoro», osserva Christen. Nel 2030 ci saranno probabilmente circa un terzo di pensionamenti in più che nel 2019. «Di conseguenza prevediamo che aumenterà, per le aziende, la pressione volta a sfruttare qualsiasi potenziale di lavoro, incluso quello dei disoccupati, degli inattivi o dei sottoccupati oltre i 55 anni».
Anche se questi sviluppi non porteranno alla scomparsa della disoccupazione tra i lavoratori anziani, molti disoccupati più in là con gli anni potranno guardare alla pensione con un po' più di fiducia finanziaria nel futuro, sostiene lo studio. Anche le rendite ponte introdotte nel luglio 2021 contribuiscono a questo stato di cose: potrebbero migliorare l'accettazione di un aumento dell'età pensionabile.