La posizione del comitato interpartitico che invita a sostenere l'oggetto in votazione il prossimo 13 febbraio
BERNA - Altro che «truffa» o «regalo alle grandi imprese», come sostenuto dalla sinistra: la tassa di bollo sull'emissione di capitale proprio, sulla cui abolizione si voterà il 13 di febbraio, indebolisce l'economia svizzera nel suo insieme poiché colpisce soprattutto le piccole e medie imprese (PMI). Uno stralcio di questo prelievo gioverebbe alle società desiderose di svilupparsi e, quindi, all'occupazione.
Il 90% delle aziende che pagano questa tassa sono infatti piccole ditte, stando al comitato interpartitico che ha invitato oggi ad approvare la riforma voluta dal parlamento e sostenuta dal Consiglio federale. Tale prelievo incide in senso negativo sui fondi propri dell'azienda e ne restringe quindi l'autonomia.
Il copresidente del comitato, nonché presidente dell'Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), Fabio Regazzi (Centro/TI), ha ricordato nel suo intervento che il prelievo sulle società è aumentato negli ultimi anni. Il consigliere nazionale ticinese, egli stesso imprenditore, ha sottolineato che, a differenza di quanto affermato dalla sinistra, questa tassa colpisce soprattutto le imprese che devono passare alla cassa quando dopo la seconda o terza raccolta di fondi - destinati a sviluppare l'impresa - superano il limite di esenzione di un milione di franchi.
Per Regazzi si tratta di un'imposta speciale sui fondi propri e gli investimenti che in Europa solo la Grecia e la Spagna conoscono, anche se in forma diversa.
Questa tassa viene prelevata quando una società lancia una raccolta di capitali, quando viene fondata o quando decide un incremento di capitale. Essa ammonta all'1% dei fondi raccolti che superano il milione di franchi. Per il Partito socialista, che ha promosso il referendum, l'abolizione di questa prelievo avrà un impatto sulle finanze: si stima infatti un calo delle entrate tra i 200 e i 250 milioni di franchi all'anno. A parere della sinistra, lo stralcio di questa imposta andrà a beneficio solo delle grandi imprese, del settore finanziario e dei proprietari di capitali e svuoterebbe le casse pubbliche in un momento in cui la crisi pandemica ha portato a un enorme aumento della spesa.
Il Consiglio federale, sostenuto dalla destra e dalle associazioni economiche, crede invece che l'abolizione di questa tassa avrà un effetto positivo sulla crescita economica e sull'occupazione. I mancati introiti verrebbero compensati da maggiori investimenti delle aziende interessate dal momento che verrebbe a cadere questo balzello. L'abolizione gioverebbe in particolare alle aziende giovani e in forte crescita che non possono contare su un cuscinetto, ossia riserve, in grado di attutire i contraccolpi di una crisi. Le aziende ben capitalizzate hanno infatti più probabilità di superare i momenti difficili poiché dispongono di maggiori riserve.