Anche gli scienziati hanno dei dubbi sul contact tracing. E sono ottimisti: il picco è vicino
Stadler, capo della task-force: «Con un'incidenza così alta ha senso rilassarsi un po'». E tornano utili i test fai-da-te
BERNA - Il virus è cambiato, con esso la pandemia ma continuiamo a comportarci più o meno alla stessa maniera.
Ed è un problema, considerando le file lunghissime per farsi un tampone (e l'altrettanto lunga attesa per ottenere un risultato) e le migliaia di persone in isolamento, spesso e volentieri senza sintomi. Per non parlare della totale impotenza del contact tracing di fronte a un numero di contagi senza precedenti.
Se Omicron, come confermato anche dalla stessa Confederazione, davvero contagerà gran parte della popolazione entro marzo allora tutta una serie di misure e approcci vanno forzatamente rivisti anche perché, al momento, l'opinione diffusa è che non starebbero funzionando.
«Conteggiando anche i casi che non vengono denunciati e/o tracciati al momento possiamo stimare i contagi di Omicron fra le 50'000 e le 100'000 unità al giorno», commenta a 20 Minuten Jür Utzinger del Tropical and Public Health Institute (Tph), «è molto discutibile sostenere che una persona in quarantena sia meno pericolosa di altre che sono a piede libero».
L'approccio olistico scelto dalla Confederazione, secondo lui, sarebbe inefficace: «Se mi concedete il paragone, quando è iniziata la pandemia bisognava "spegnere" dei focolai piccoli, perlopiù nelle singole case. Oggi è tutta la Svizzera a bruciare ma per fortuna, il fumo non è - per così dire - eccessivo».
Secondo lui avrebbe quindi piuttosto senso identificare le aree più delicate e concentrare gli sforzi pe preservarle il più possibile: «Si tratta di stabilire delle priorità in questa fase: dobbiamo assicurarci che le persone con sospetta infezione da Covid e coloro che lavorano in prima linea - che si tratti di assistenza, alla cassa o in altre aree critiche - abbiano accesso ai test PCR e ottengano rapidamente i loro risultati»
Anche Daniel Speiser, immunologo e professore emerito all'Università di Losanna, parla di «fase di transizione» in cui bisogna uscire dagli schemi rigidi. La quarantena serve a poco con i contagi odierni: ma i test sono ancora importanti, e hanno un «effetto di rallentamento» anche se arrivano in ritardo. Anche gli autotest sono utili, in quanto «anche se meno precisi possono mostrare chiaramente quando una persona ha sintomi riconducibili al Covid».
Speiser dice di avere grandi speranze che Omicron possa significare un ritorno alla normalità. «La variante non sarà soppiantata da un'altra così rapidamente». Anche Utzinger continua ad essere cautamente ottimista: «Mi aspetto che arriveremo presto al picco di questa ondata, e che il numero dei casi scenderà altrettanto rapidamente di come è salito». Avere misure più severe in serbo è giusto, ma non è il momento di utilizzarle. «La situazione nelle unità di terapia intensiva è ancora tesa ma non fuori controllo».
Nei giorni scorsi, anche il consigliere federale Alain Berset e il capo della task force Tanja Stadler si erano espressi in questa direzione. Alla SRF Stadler ha ammesso di essere una grande "fan" di contact-tracing, quarantene e isolamenti, ma con i numeri attuali «bisogna chiedersi se una persona in isolamento sia più infettiva di chiunque altro» ha dichiarato. «Quando l'incidenza è così alta, ha senso essere un po' più rilassati».