La task force Covid mette in guardia sulle conseguenze a lungo termine della pandemia, e invita ancora all'attenzione
Raggiunto il picco dei contagi, le autorità sanitarie si concentrano ora sul post-crisi. «Mancano ancora informazioni complete» sottolineano gli esperti. Ma le ricerche indicano che circa il 25 per cento dei positivi presenta strascichi a sei mesi dall'infezione
BERNA - La Svizzera ha raggiunto il picco della pandemia. Quanto ci vorrà a scendere? E quali effetti hanno avuto gli allentamenti decisi settimana scorsa dal Consiglio federale? Oggi gli esperti della task force Covid fanno il punto della situazione in una conferenza stampa organizzata alle 14 a Palazzo Federale.
Vi prendono parte Linda Nartey e Virginie Masserey, rispettivamente direttrice della Sezione della prevenzione e della Sezione del controllo dei contagi dell'UFSP, Corinne Zbären, capo dell'Ambito assicurazione invalidità dell'Ufficio federale delle assicurazioni sociali, il presidente della Conferenza dei medici cantonali Rudolf Hauri, Mayssam Nehme, capoclinica degli ospedali universitari di Ginevra, e Milo Puhan, direttore dell'Istituto di Epidemiologia dell'Università di Zurigo.
I contagi, ha sottolineato Virginie Masserey, stanno calando lievemente, ma non rapidamente. «Vengono scoperte ogni giorno ancora molte nuove infezioni. La popolazione più giovane e mobile è particolarmente colpita». Tuttavia, sottolinea Masserey, «la quinta ondata di Covid ha probabilmente raggiunto il suo picco in Svizzera». La dirigente dell'UFSP ricorda l'importanza di continuare a rispettare le misure igieniche.
Dopo la pandemia, le autorità sanitarie dovranno comunque continuare a fronteggiare gli effetti a lungo termine delle infezioni. «Circa una persona su cinque in Svizzera potrebbe soffrire di Long-Covid» ha sottolineato Nartey. I possibili sintomi includono affaticamento, mal di testa, mancanza di respiro e dolori articolari. «È necessario supportare i medici per aumentare la consapevolezza e saperne di più sulla malattia». L'UFSP ha costituito due gruppi da lavoro, per valutare i possibili effettivi del Long-Covid sulla vita sociale ed economica in Svizzera.
La Confederazione vuole promuovere il riconoscimento e il trattamento del Long-Covid attraverso sforzi in diverse direzioni. Gli Ospedali universitari di Ginevra hanno presentato una piattaforma ad hoc (Rafael.ch), un progetto pilota per raccogliere segnalazioni dai cittadini ed informare la popolazione sul problema. «Raccogliendo e mettendo a disposizione il maggior numero di informazioni speriamo di poter contribuire agli studi che porteranno all'elaborazione di una terapia» ha spiegato la dottoressa Mayssam Nehme. Da quanto emerso finora, sembra che «le persone vaccinate abbiano una maggiore probabilità di un decorso lieve».
Milo Puhan, direttore dell'Istituto di Epidemiologia dell'Università di Zurigo, ha presentato i risultati delle ricerche condotte finora in Svizzera e all'estero sul Long-Covid. Circa il 25 per cento dei positivi, ha sottolineato, soffre di problemi riconducibili al Covid anche sei mesi dopo l'infezione. «La buona notizia è che buona parte dei pazienti, ma non tutti, si riprendono in meno di un anno» ha sottolineato Puhan. La mancanza di studi completi è uno dei grossi problemi per il mondo scientifico: su circa 100 ricerche avviate negli ultimi due anni, solo 17 si sono concluse.
«Siccome non conosciamo a fondo le conseguenze di questa malattia, è necessario mantenere alta la guardia» ha sottolineato il presidente della Conferenza dei medici cantonali Rudolf Hauri. «Le persone che chiedono aiuto e presentano dei sintomi devono essere ascoltate, questo vale per i medici così come per le assicurazioni sanitarie».
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