Con il "Freedom Day" Alain Berset si è liberato di un peso. E ora spera di tornare, anche lui, alla normalità
Intervista al ministro della sanità. «Gli allentamenti di oggi? Decisione tranquilla, senza discussioni». E a chi gli dava del dittatore: «Abbiamo fatto due votazioni. E adesso voltiamo pagina»
BERNA - Per due anni è stato il volto della pandemia in Svizzera. Serio, duro, preoccupato. Il ministro della sanità Alain Berset è tornato a sorridere con gli annunci dei primi allentamenti, a inizio febbraio, e ieri a margine della conferenza stampa da Palazzo federale si è concesso persino qualche intervista "leggera". A 20 Minuten il consigliere federale si è detto «sollevato e contento» di aver potuto finalmente dare la buona notizia.
Il Consiglio federale ha revocato quasi tutte le misure anti Covid. Personalmente, cosa cambierà per lei ora?
«Non molto, nella vita privata. Finora ho potuto sempre recarmi al ristorante con il certificato. E continuerò per il momento a utilizzare la mascherina per andare a fare la spesa. Ma sono felice che stiamo tornando alla normalità, e che tanta gente abbia contribuito vaccinandosi».
E dal punto di vista lavorativo?
«Non nascondo che quello passato è stato un periodo difficile, ho ricevuto anche delle minacce. Ho dato il massimo con la mia squadra per venirne fuori, e questo mi ha provato anche fisicamente. Ma da qualche settimana sento che le cose stanno andando nella giusta direzione. È una bella sensazione».
Come consigliere federale del Ps, le ha fatto male essere chiamato "dittatore"?
«Sì, è stato molto spiacevole. Soprattutto in un paese come la Svizzera, dove alla fine abbiamo potuto votare due volte sui provvedimenti».
A un certo punto ha abbracciato la strategia dei turbo-allentamenti. Come mai? I suoi figli le hanno detto "ça suffit, papà"?
«La pressione non è stata maggiore a casa che a Berna (ride, ndr.). Il nostro obiettivo come Dipartimento era quello di proteggere la salute della popolazione. Lo scorso autunno, l'immunizzazione era bassa e c'era ancora una minaccia di sovraccarico del sistema sanitario. Questa minaccia ora non c'è più. Ci stiamo rilassando perché ce lo possiamo permettere».
Alcuni avrebbero voluto mantenere più a lungo l'obbligo della mascherina nei negozi.
«Il fatto che rimuoviamo l'obbligo della mascherina, non obbliga la gente a non portarla. Il ritorno alla normalità comporta anche una responsabilità personale. I contagi sono ancora alti, e per questo manteniamo l'obbligo sui mezzi pubblici e nelle strutture sanitarie».
Il governo ha optato per un pacchetto di allentamenti più ampio del previsto. Avete voluto inviare un segnale, per colmare le fratture sociali?
«I parametri decisivi sono stati quelli sanitari. Oggi il certificato Covid non è più necessario, secondo noi, perché l'immunità degli svizzeri non è mai stata così alta. Parliamo del 10 per cento di popolazione infettata ogni settimana. La decisione nella seduta del governo è stata presa senza grandi discussioni, abbastanza tranquillamente».
La campagna di booster però è partita più tardi rispetto ad altri paesi.
«Gli altri paesi forse sono stati un po' troppo veloci, e hanno avuto bisogno di una quarta vaccinazione. Da noi non vedo questa necessità al momento, tranne che per alcuni settori della popolazione».
Cosa ha imparato su se stesso durante la pandemia?
«Non avrei mai pensato di poter lavorare così tanto, ma non si tratta solo di me. Sono entrato in contatto con molti ambienti diversi per trovare una via d'uscita dalla crisi per tutti».