Ce n'è una ogni 20 e-auto e per alcuni è troppo poco visto quanto piacciono agli svizzeri. Ma è davvero così?
ZURIGO - Che c'entri l'effetto della fascinosa e apripista Tesla, la diffusa coscienza sulle emissioni oppure il prezzo della benzina alle stelle (per via della guerra in Ucraina) è ormai è difficile negare che il futuro della mobilità motorizzata sia nell'elettrico.
Lo ha sancito l'Unione Europea con la sua storica decisione di vietare la vendita di auto a combustione interna a partire dal 2035, ma lo hanno deciso anche autonomamente (sic) i produttori di vetture nelle quali rose di prodotti, l'elettrico e l'ibrido plug-in hanno un rilievo sempre più evidente.
Altra cosa importante da puntualizzare è che le elettriche, bisogna dirlo, agli svizzeri piacciono e ne acquistano sempre più. Come riporta il TagesAnzeiger il numero d'immatricolazioni delle e-auto è decollato negli ultimi due anni: da 67'000 nel 2020 a 131'500 nel 2021. Insomma non il doppio, ma poco ci manca. Ed è verosimile che nel 2022 saranno ancora di più.
Di pari passo con l'aumento delle e-car cresce anche il numero di colonnine di ricarica. Stando ai dati dell'Ufficio federale dell'energia (UFE), l'andamento è all'incirca analogo: dalle 5'095 colonnine pubbliche del 2020 si arriva alle 8'059 del 2021. Simile sì, ma secondo alcuni esperti del settore, inadeguata a soddisfare un'offerta crescente.
Stando all'associazione di categoria Autosuisse, al momento la presenza delle stazioni di ricarica è nettamente insufficiente, almeno statisticamente. Se nel 2020 il rapporto auto/colonnine era di 10 a una, un anno dopo era già di 16 a una e a fine 2021 di 20 a una. Viste le due curve di crescita - e considerando l'incremento esplosivo degli ultimi mesi - è praticamente sicuro che questa disproporzione si accentuerà nei prossimi mesi e anni.
Il motivo è abbastanza semplice: è molto più facile mettere sulla strada un'auto elettrica che costruire una colonnina di ricarica. È complicato dal punto di vista tecnico e logistico ma soprattutto da quello burocratico, trattandosi di un'intersezione fra settore privato (le aziende che forniscono il servizio) e pubblico (l'infrastruttura elettrica). Si tratta poi ancora di un'industria ancora "in fasce" e che, non di rado, opera in perdita scommettendo sul futuro.
Ma la situazione è davvero così grama? Non per forza di cose, innanzitutto le cifre dell'UFE non tengono conto - evidentemente - delle colonnine private installate nelle case o nelle aziende. In secondo luogo, sempre stando alla sopracitata inchiesta del TagesAnzeiger gran parte di quelle pubbliche sono sottoutilizzate.
Se nelle aree urbane (soprattutto nei cantoni di Zugo, Basilea Città e Vaud) lo stress per la caccia alla "pompa elettrica" può anche farsi sentire (occupazione quotidiana attorno al 20%), nel resto della Svizzera non è affatto così. Anche in città come Zurigo e Berna, si parla di un'occupazione al massimo del 10%.
Questo proprio perché la sfera prediletta per la ricarica resta quella del privato. Per questo motivo, ne è convinto Albert Rösti di Autosuisse l'installazione degli impianti domestici per il rifornimento dovrebbe essere sostenuta con incentivi da parte di Berna, l'ipotesi è quella di utilizzare un parte della tassa sugli oli minerali oppure di una frazione del nuovo balzello per gli e-automobilisti da poco proposto dalla Confederazione.