Gli esperti accusano l'Ufsp di non dare la giusta priorità al Long Covid che colpisce almeno il 5% di chi si ammala.
La responsabile del centro di consulenza sul Long Covid all'Inselspital di Berna ha pure fornito un identikit degli oltre 600 pazienti che ha in cura. «La maggior parte ha tra i 20 e i 50 anni e tra di loro c'è un numero impressionante di medici, avvocati, informatici e insegnanti».
BERNA - «Una delle più gravi mancanze dell'Ufsp è quella di non aver mai informato adeguatamente la popolazione sul Long Covid». Non usa giri di parole Dominique de Quervain, professore di neuroscienze all'Università di Basilea, che di recente si è pure dimostrato piuttosto critico sulle misure messe in atto dal Consiglio federale per contrastare la pandemia.
Secondo l'esperto, interpellato dalla NZZ, l'Ufsp ha infatti avuto un atteggiamento «troppo timido» su questa problematica, benché la pericolosità e le conseguenze a lungo termine di un infezione da Covid-19 fossero già state rese note nella primavera del 2020. A sostegno della sua tesi il professore ricorda come gli esperti che parlavano settimanalmente alla popolazione abbiano dedicato solo una delle oltre cento conferenze stampa al Long Covid. Ma c'è di più. Perché se si va sul sito dell'Ufsp è impossibile trovare dati su questa tematica e pure le linee guide per affrontare il Long Covid sono lacunose (per non dire inesistenti).
Una tesi, questa, sostenuta anche dall'infettivologo Huldrych Günthard che sulle colonne della "SonntagsBlick" ha spiegato come «l'Ufsp non riconosca il Long Covid come un problema prioritario» benché a livello statistico almeno il 5% delle persone che si ammala di Covid-19 soffre di sintomi di lungo corso. Sintomi, che come ricorda l'esperto, possono essere anche molto invalidanti. «A volte i pazienti non sono in grado di lavorare per mesi e diventano dei casi speciali a livello medico». Una terapia specifica, infatti, non esiste.
Anche la neurologa Lara Diem è in prima linea nella lotta contro il Long Covid. Tanto che è pure la responsabile del centro di consulenza all'Inselspital di Berna. Al momento la dottoressa ha in cura oltre 600 pazienti che non stanno ancora bene mesi dopo aver avuto un decorso lieve della malattia «La maggior parte - precisa alla "NZZ" - ha un'età compresa tra i 20 e i 50 anni e le donne sono più numerose degli uomini. Tra di loro c'è un numero impressionante di laureati: medici, avvocati, informatici, insegnanti», che soffrono della cosiddetta nebbia mentale che può compromettere gravemente la loro concentrazione e la loro memoria».
I sintomi - Da un'indagine condotta a livello nazionale dalla dottoressa Diem, i cui risultati saranno pubblicati a breve, emerge che i sintomi più comuni sono stanchezza, disturbi del sonno, dolori in varie parti del corpo, mancanza di respiro e disturbi circolatori. «Grazie alla riabilitazione e alla fisioterapia, la maggior parte di loro - conclude la studiosa - migliora con il passare dei mesi. Tuttavia, in circa il 2% dei pazienti la stanchezza non scompare nemmeno dopo più di un anno».