Alcuni settori possono farlo ma per altri sarebbe un problema, spiega il presidente Usam Fabio Regazzi
BERNA - Il presidente dell'Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), Fabio Regazzi, non è contrario di principio agli aumenti salariali richiesti dai sindacati per compensare l'inflazione. In un'intervista pubblicata oggi dalla Tribune de Genève e da 24 Heures, egli puntualizza però che la questione «deve essere affrontata caso per caso».
«Ci sono settori che hanno i mezzi di attuare un aumento e lo faranno senz'altro sulla base del partenariato sociale. Altri settori sono invece in difficoltà e non hanno semplicemente i mezzi per farlo», aggiunge. In questa seconda categoria, Regazzi cita i rami che sono stati pesantemente colpiti dalla crisi sanitaria o «che si trovano in un periodo d'incertezza a causa della guerra in Ucraina».
Interpellato su eventuali timori di disordini sociali o politici in autunno, come predetto dal presidente dell'Unione sindacale svizzera (USS) Pierre-Yves Maillard, Regazzi afferma che tutto dipenderà dall'atteggiamento dei sindacati. «Se sono pronti a discutere tranquillamente per trovare soluzioni accettabili allora i rischi sono limitati, mentre se continuano ad alzare i toni come nei giorni scorsi, (la situazione) può degenerare in fretta».
Il consigliere agli Stati ticinese (Centro) riconosce che le imprese hanno un ruolo importante da svolgere per compensare la fiammata d'inflazione del 3,4%, «ma non possono fare continuamente i pompieri e aumentare i salari all'infinito».
A suo avviso anche lo Stato deve «fare uno sforzo», agendo sulla fiscalità ed esplorando altre piste. Con una priorità: gli aiuti dovrebbero essere destinati soprattutto alla classe media, secondo Regazzi, il quale rileva come sia questa fascia della popolazione «a soffrire di più, perché non ha né il patrimonio delle classi più agiate né gli aiuti delle classi più deboli».
Regazzi afferma infine di essere un po' perplesso in merito a dichiarazioni come quelle di GastroSuisse, che si dice pronta ad aumentare gli stipendi. «Se un settore, anche in difficoltà come la gastronomia, dichiara che è pronto a fare questo sforzo, allora sono il primo contento», ammette, aggiungendo però che «quando un settore ha poco margine di manovra, aumentare i salari porta ad aumentare i prezzi», indebolendo il potere d'acquisto.