Buona parte della deputazione ticinese scrive al Governo, ma c'è chi non è d'accordo
BERNA - La Confederazione non agisce riguardo alla «massiccia delocalizzazione del settore informatico della Posta in Portogallo? Comportamento inopportuno e insostenibile».
Sono questi i toni di una mozione depositata da Piero Marchesi e sottoscritta da buona parte della deputazione ticinese a Berna per chiedere al Consiglio federale (l'unico azionista) di fermare (o almeno delimitare) quanto deciso recentemente dalla Posta, ovvero la realizzazione di un centro IT a Lisbona (dove intende assumere - nel medio termine - 120 specialisti).
L'annuncio del Gigante giallo non è passato inosservato, anzi, sono state subito diverse le reazioni indignate, in particolare dal mondo politico. Rispondendo a una domanda di Marchesi, il Consiglio federale ha ribadito però che l'azienda gode della piena autonomia operativa e che il Consiglio federale «non intende interferire nelle scelte operative aziendali».
«Disinteressarsi? Inopportuno»
Una risposta che non è andata giù al democentrista e alcuni colleghi a Berna, che hanno deciso di depositare una mozione, intitolata "La Confederazione in qualità di azionista unico vieti a La Posta la delocalizzazione all'estero di attività e servizi".
Secondo i firmatari (tra cui Fabio Regazzi, Marco Romano, Bruno Storni, Alex Farinelli e Lorenzo Quadri) la Confederazione «deve poter dire la sua sulla strategia di un'azienda di cui è proprietaria. Disinteressarsi e non intervenire nel determinare chiari paletti, soprattutto su temi che toccano l'interesse pubblico, è inopportuno e insostenibile».
Viene poi sottolineato come «La Confederazione deve impegnarsi affinché le aziende di proprietà creino posti di lavoro in Svizzera, per i residenti e non permettere dannose delocalizzazioni all'estero. Questo specifico tema non può pertanto essere relegato a questione operativa, ma è una questione strategica in cui il proprietario - la Confederazione appunto - deve chiaramente determinare».
«Il problema è reale»
Tra coloro che invece non hanno firmato c'è la Verde Greta Gysin, che ha recentemente spiegato in un post su Facebook di «non essere entusiasta dell’apertura di un centro IT in Portogallo, come non lo è nemmeno transfair» (il sindacato che presiede, ndr.), ma che comprende che «se manca personale qualificato, una soluzione la devi pur trovare. L’alternativa sarebbe tagliare i servizi, che non è nell’interesse della popolazione». «Le condizioni di lavoro che la posta offre in Portogallo sono molto buone», ha poi aggiunto, «e se le persone assunte in Portogallo volessero trasferirsi in Svizzera, verranno sostenute nel trasferimento».
Per la deputata ecologista, d'altronde, «Il problema della mancanza di personale informatico specializzato, non è solo della posta, ma generalizzato: entro il 2028 si stima anche mancheranno 28'000 persone specializzate in informatica».
Anche il Consigliere nazionale del PLR Rocco Cattaneo, da noi contattato, condivide questa linea: «Il problema è semplice, in Svizzera c'è una penuria elevata di personale specializzato nel settore IT, con la digitalizzazione che galoppa. Per sviluppare i propri progetti, la Posta deve quindi andare all'estero per cercare queste persone, altrimenti si trova costretta a bloccarli, e in tal caso avremmo qui in Svizzera delle ripercussioni economiche negative».