«Non dobbiamo pensare solo a questo inverno», così il consigliere federale Guy Parmelin.
BERNA - Non solo nei mesi a venire, anche nei prossimi anni la Svizzera rischia di soffrire la penuria di energia. Lo sostiene il consigliere federale Guy Parmelin.
«Prevedo una crisi energetica che durerà diversi anni», afferma il capo del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (DEFR) in un'intervista pubblicata oggi dai giornali del gruppo Tamedia. «Non dobbiamo pensare solo a questo inverno, ma fare tutto il possibile per produrre di più in Svizzera: più energie rinnovabili, più efficienza».
«Nel 2023 e 2024 dipenderemo però ancora dal petrolio e dal gas», mette in guardia il politico democentrista. «Quello che succederà negli anni successivi dipende dalla rapidità con cui riusciremo a espandere la nostra produzione».
«In materia energetica i rischi sono stati sottovalutati e negli ultimi decenni ci si è affidati all'importazione in caso di difficoltà», prosegue il 62enne. «Un esperto mi ha detto che i problemi risalgono alla decisione di non costruire la centrale nucleare di Kaiseraugst», aggiunge. «Ora siamo diventati molto dipendenti: abbiamo perso l'opportunità di procedere in modo sufficientemente rapido con l'espansione energetica in Svizzera, anche con le energie rinnovabili come l'energia idroelettrica».
Nell'immediato, «non bisogna sottovalutare la situazione», insiste Parmelin. «Nessuno sa come si svilupperà la guerra in Ucraina o quanto sarà rigido l'inverno. Per questo motivo è necessario prepararsi al massimo. Abbiamo lanciato la campagna per il risparmio energetico e i primi risultati sono soddisfacenti: la popolazione è sensibilizzata. I prezzi dell'energia sono ancora elevati e anche questi costi incoraggiano le persone a risparmiare».
Riguardo alla raccomandazione di mantenere 19 gradi di temperatura nei locali, il politico vodese afferma che il Governo «ha ascoltato le critiche: comunicheremo presto a questo proposito», promette. Per quanto concerne invece l'innevamento artificiale delle piste da sci, Parmelin resta più vago. «A causa degli elevati costi energetici le stazioni sciistiche ci penseranno due volte nel decidere quanta neve produrre», spiega. «Conoscono la relazione tra il consumo di energia e l'importanza economica delle regioni periferiche. Sono consapevoli che non possono semplicemente bussare alla porta della Confederazione per ottenere il nostro aiuto», conclude.