La comunicazione tra i corpi di polizia di cantoni diversi non funziona, e a godere sono i criminali
ZURIGO - Nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata, in Svizzera, c'è un grosso problema: la mancanza di comunicazione tra i corpi di polizia dei diversi Cantoni.
Lo ha ammesso lo stesso procuratore generale Stefan Blättler all'emittente svizzerotedesca SRF. «Quando c'è da riconoscere le connessioni e gli schemi relativi alla criminalità organizzata siamo piuttosto ciechi». Una delle principali ragioni? «La mancanza di scambio di dati tra i Cantoni».
Sono affermazioni tanto drastiche quanto preoccupanti, che sono state però confermate, al TagesAnzeiger, da Michel Leupold - il comandante della polizia cantonale Argoviese. Leupold lavorò con Blättler quando era ancora comandante della polizia bernese e già allora fu infastidito dalla mancanza di scambi tra i corpi di polizia. «È uno stato di cose che contraddice tutti i principi del moderno lavoro di polizia».
Un'operazione lenta e macchinosa
La questione è molto grave. Secondo Leupold, infatti, queste lacune sono note alla criminalità organizzata, che ne approfitta. Ma è un problema anche nel lavoro quotidiano: un controllo di polizia può risultare inefficace, se gli agenti non sanno che la persona che hanno davanti ha commesso un reato in un altro Cantone. Allo stato attuale, gli agenti devono contattare la centrale operativa nazionale via radio, che a sua volta deve chiedere informazioni a ciascun altro Cantone.
Un'operazione macchinosa che richiede un sacco di tempo. Per Leupold, qualcosa di ingestibile: «Trattenere i sospetti per così tanto tempo non è solo dispendioso in termini di personale, ma anche un'imposizione per chi non ha colpe. Inoltre, potrebbe essere pericoloso se si tratta ad esempio di un criminale pronto a essere violento», afferma Leupold.
Si procede (...a rilento)
Ciò che fa storcere il naso è anche che la questione è nota da tempo: se n'è parlato già nel 2018, quando il Consiglio federale ha ricevuto un'interrogazione a riguardo. Il tutto è pero naufragato. Fino all'anno scorso, quando la Conferenza dei direttori cantonali di giustizia e polizia (CCDGP) ha deciso di creare la base giuridica necessaria per garantire uno scambio di informazioni tramite un registro centrale. Ciò accade già, ad esempio, nel caso dei possessori di armi da fuoco: prima del 2017 si perdeva tempo prezioso per capire se un sospetto abbia il porto d'armi.
Lo ha confermato al quotidiano zurighese Markus Röösli, che è a capo del progetto: «Siamo a buon punto». Eppure, per poter procedere serve ancora tempo, per una questione di federalismo: il progetto dev'essere ratificato da tutti i 26 Cantoni. Secondo la presidente del CCDGP Karin Kayser, è difficile che il tutto entri in vigore prima del 2026.