Il primo tenente ticinese Alex Terzi si trova a Obilic dove convivono molte etnie e dove la convivenza non è sempre facile.
PRISTINA - Dopo i ripetuti appelli della comunità internazionale, è giunto un primo segnale di distensione. Le barricate erette dai serbi nel Nord del Kosovo verranno rimosse. La tensione al confine rimane però alta. «Percepiamo che qualcosa è cambiato. La sensazione è che la preoccupazione è cresciuta. Però nella nostra zona di competenza la situazione è tranquilla e siamo preparati a qualsiasi scenario» ci racconta Alex Terzi, primo tenente della compagnia LMT (Liaison and Monitoring Team) stazionata a Obilic, una cittadina a pochi chilometri da Pristina.
Una situazione fragile tenuta costantemente sotto osservazione dal contingente di pace svizzero di Swisscoy, presente nel Paese dal 1999 in collaborazione con la forza internazionale Nato KFOR (“Kosovo Force”). Attualmente sono presenti nel Paese 195 soldati svizzeri.
La percezione della crisi al Nord - Giunto in Kosovo lo scorso ottobre Terzi ci spiega la percezione della crisi da parte dei residenti. «Il contatto con la popolazione non è cambiato. L’approccio con le persone e lo svolgimento delle nostre missioni proseguono normalmente. È ovvio che durante gli incontri con le persone la situazione al Nord è un argomento che viene trattato con una certa frequenza. Ma la nostra quotidianità non è cambiata».
La quotidianità non cambia - Il primo tenente ticinese si trova a Obilic, una città vicino alla capitale in cui convivono molte etnie tra cui una comunità serba. «La città è divisa in diversi quartieri diversi. La convivenza però è ottima. Non ho mai riscontrato problemi. Le recenti tensioni a nord del paese non si sentono. Le persone hanno le antenne e rimangono aggiornate, ma per il momento non è cambiato nulla».
Il contatto con la popolazione - Un aspetto centrale nella missione di Terzi. Il contatto con le persone è il compito principale del suo gruppo. «Ogni giorno usciamo per svolgere vari colloqui e incontri sia con la popolazione del paese che con le autorità locali. Il nostro compito è di percepire le preoccupazioni i problemi e le sfide. Dopo questi meeting redigiamo un rapporto imparziale da inviare alla Kfor in modo che possano avere una visione d'insieme della situazione». Il rapporto con le persone locali è uno dei momenti più delicati: «Sono tutti molto disponibili e cordiali» conclude Terzi.
«Siamo pronti a tutto» - «Le recenti tensioni mostrano la fragilità della situazione nel Nord del Kosovo», spiega invece Daniel Seckler, capo della comunicazione di Swissint, il Centro di competenza dell’Esercito svizzero per le missioni all’estero. «Queste tensioni si limitano però alla regione vicino al confine con la Serbia. Nella maggior parte del paese si respira un’aria diversa».
Seckler spiega, come la crisi al Nord non abbia influenzato in compiti della missione svizzera. «I nostri soldati sostengono le principali missioni della KFOR, cioè garantire il mantenimento di un ambiente sicuro e protetto e sostenere la libertà di movimento nel Paese». La preparazione è minuziosa e niente è lasciato al caso. L’intensa preparazione delle reclute prima della partenza verso il Kosovo. «L’addestramento include una formazione specifica per conoscere la situazione nell'area della missione e su come procedere in caso di tensioni politiche o etniche».
L'appello del DFAE - Nel frattempo, gli appelli alla calma sono giunti anche dal DFAE attraverso Twitter. «Chiediamo a tutte le parti interessate di astenersi da qualsiasi azione che possa aggravare ulteriormente la situazione. Le missioni di pace KFOR e EULEX sono essenziali per mantenere l’ordine e la sicurezza delle comunità locali nel nord del Kosovo».