Il capo dell'esercito Thomas Süssli ha confermato che se ne sta discutendo, ma il dibattito si preannuncia infuocato
BERNA - L'esercito svizzero starebbe valutando l'acquisto di droni da combattimento, come ad esempio quello iraniano Shahed-136, capace di colpire obbiettivi lontani centinaia di chilometri con precisione.
Lo ha dichiarato martedì il capo delle forze armate elvetiche Thomas Süssli, parlando dell’aggiornamento dell'arsenale bellico in un'intervista pubblicata dalle testate “CH Media”.
Dichiarazioni che sorprendono, come riportato in un approfondimento nelle sue pagine il Blick, anche poiché queste cozzano con quanto dichiarato la scorsa estate dal Dipartimento della Difesa (DDPS), che in risposta a una richiesta dell'UDC aveva affermato di non volerne sapere dell'acquisto di droni armati.
Tra l'efficacia e i dubbi
La Svizzera, quindi, li comprerà? Per ora non ci sono piani concreti, ma le dichiarazioni di Süssli aprono la strada a questa possibilità. Ciò che è chiaro è che proseguendo su questo sentiero il dibattito in Parlamento si preannuncia parecchio caldo. E un'anteprima c'è già stata lo scorso giugno, come aveva ai tempi sottolineato il domenicale NZZ Am Sonntag.
Mentre alcuni favorevoli come il liberale Matthias Jauslin avevano sottolineato «l'impatto elevato» che potrebbero avere questi droni, «senza mettere in pericolo la vita del pilota», i contrari - tra cui la socialista Priska Seiler Graf - si chiedevano invece come si potessero acquisire, e usare, garantendo la neutralità elvetica: «Le situazioni che richiederebbero il loro utilizzo non sono chiare». Anche il Consigliere nazionale del centro Alois Gmür si era chiesto come sarebbero stati utilizzati nella pratica. E c'erano stati dubbi a livello morale (lo "Shahed-136", in particolare, è un drone kamikaze).
«Non sono miracolosi»
Ma perché nella Berna federale c'è stata questa virata piuttosto improvvisa sul tema? È possibile che sotto la Cupola qualcuno sia stato convinto allo stesso modo del Consigliere nazionale democentrista Thomas Hurte, secondo cui «la guerra in Ucraina ha dimostrato chiaramente quanto siano importanti i droni da combattimento», usati per sbaragliare sia i carri armati che installazioni militari o civili di altro tipo.
Serve però cautela quando si analizzano i risultati militari dei droni armati. Al domenicale zurighese, l'esperto del Centro per gli studi sulla sicurezza del Politecnico Niklas Masuhr aveva infatti messo le mani avanti, relativizzandone l'importanza: «Non sono armi miracolose» e «non ci sono dati sufficienti per capire quanto siano importanti». Hanno una buona “pubblicità” poiché filmano i loro attacchi, ma ad esempio in Ucraina non vanno sottovalutati anche «gli errori commessi dai russi». Masuhr ha sottolineato invece l'importanza dei droni non armati, dei veri e propri «occhi nel cielo».