Il discorso di Alain Berset: «Questa serata è un momento eccezionale»
CITTÀ DEL VATICANO - «A un ministro degli Affari esteri svizzero non capita spesso di inaugurare una nuova ambasciata». È cominciato così il discorso di inaugurazione di Ignazio Cassis della nuova ambasciata svizzera - la prima - in Vaticano.
«La Svizzera è già presente in moltissimi Paesi del mondo (170 rappresentanze): grandi e piccoli, in contesti pacifici come in quelli più difficili. Inoltre siamo un Paese piuttosto prudente quando si tratta di ampliare la presenza dello Stato. Questa serata è quindi un momento eccezionale».
«Perché aprire un’ambasciata svizzera presso la Santa Sede?», per poi capovolgere la domanda, guardando alla «lunga storia che condividiamo. Perciò: «Perché finora la Svizzera non aveva una rappresentanza in Vaticano?».
«Certo - ha continuato Cassis -, le relazioni tra i nostri due Paesi non sono sempre state prive di ostacoli. Ma proprio gli ostacoli del passato sono diventati materia per cementare il legame odierno. Per circa mezzo secolo (dal 1873 al 1920) le relazioni diplomatiche con la Santa Sede furono interrotte nel contesto del “Kulturkampf”. Da quelle tensioni nacque la pluralità svizzera così come la conosciamo oggi: una pluralità di lingue, culture e religioni che si traduce nelle istituzioni grazie al federalismo e alla concordanza».
La Svizzera si aggiunge quindi questa sera agli oltre 90 Paesi con cui il Vaticano intrattiene delle relazioni diplomatiche.
«La nuova rappresentanza, che si occuperà anche delle relazioni con Malta e San Marino, ci permetterà di perseguire fondamentali obiettivi comuni. Nella sua strategia di politica estera il Consiglio federale mette l’accento sulla sicurezza e sulla pace, sulla democrazia e la libertà, sulla lotta alla povertà e lo sviluppo sostenibile: sul piano ecologico, economico e sociale. La diplomazia, la neutralità e i nostri buoni uffici sono gli strumenti con cui vogliamo raggiungere questi obiettivi. Obiettivi che condividiamo con la Santa Sede e che perseguiamo anche con il nostro attuale Seggio non permanente al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Obiettivi che diventano tanto più urgenti anche nel nostro continente, come ci insegna la drammatica situazione in Ucraina».