La bernese Beatrice racconta di un circolo vizioso tra ossicodone e morfina, anni di sofferenza e depressione.
BERNA - «Ho pensato di schiantarmi a tutta velocità contro un albero, con l'auto, per porre fine alla mia vita».
È questa la parte più tragica di una testimonianza pubblicata oggi dal TagesAnzeiger sul tema della dipendenza dagli antidolorifici forti, come gli oppioidi, che vengono prescritti in maniera sempre più frequente anche per disturbi minori. Lo ha rivelato ieri uno studio dell'Ospedale cantonale di Baden.
A raccontare la sua storia è una ragazza bernese, Beatrice, che ammette che «senza oppioidi non riuscivo a fare nulla, ero sicuramente da considerare drogata». Amava cantare, passeggiare, passare del tempo con la famiglia e lavorava normalmente, ma la sua vita è cambiata dopo un'operazione alla schiena andata male circa dieci anni fa. I dolori sono diventati fortissimi, e le è quindi stato prescritto un oppioide (Oxynorm).
La storia di Beatrice
Da lì, il precipizio: «La mia vita per anni è stata quella di assumere oppioidi e stare sdraiata». A volte è andata in overdose, per poter sopportare il meglio dolore, consapevole - così dice - del fatto che sarebbe potuto essere fatale. Tra attacchi di panico e depressione, la dipendenza la prosciuga. «Ho perso il mio lavoro e il mio ambiente, ma ho perso anche me stessa».
Nel 2018 viene ricoverata, ma il tentativo di disintossicarla fallisce completamente. Anzi, al posto degli oppiacei riceve gocce di morfina: passa quindi da una dipendenza all'altra. Negli anni successivi si è poi passati alle fasi in cui il suo compagno deve tenere chiuse e nascoste le gocce di morfina, con lei che impazzisce e distrugge tutto, fino ad arrivare all'episodio citato all'inizio dell'articolo. All'albero, però, non ci è arrivata: «Qualcosa mi ha improvvisamente fermato. Ho pensato ai bambini, al mio compagno. Ho accostato al lato della strada, non potevo farlo».
Da lì una lunga terapia d'astinenza - con delle ricadute - ma che pian piano l'ha portata non prende più morfina né Oxynorm. Ancora oggi prende nove pillole al giorno, ma solo una di queste è un oppioide, ed è molto più debole. «Non riesco ad andare avanti senza farmaci. Credo che sarà così per il resto della mia vita». Però, ora la si può definire tale.
Da Washington a Berna
Il farmaco che ha iniziato ad assumere contiene ossicodone, una delle sostanze attive più potenti ma anche che creano più dipendenza. Questo è diventato noto negli Stati Uniti soprattutto a causa del farmaco Oxycontin, che è stato all'origine della crisi degli oppioidi nel paese - che ha portato ad almeno 800mila morti, secondo le autorità federali americane.
Il medico del Centro Arud di medicina delle dipendenze a Zurigo, Philip Bruggman, nota due tendenze in particolare in Svizzera: i giovanissimi che provano gli oppioidi, li acquistano al mercato nero e diventano dipendenti, ma anche le persone che ricevono i farmaci per alleviare il dolore e poi diventano dipendenti e non riescono a liberarsene.
Ma quanto avvenuto negli States potrebbe accadere anche in Svizzera in futuro? Non secondo l'esperto del Politecnico di Zurigo Andrea Burden, che ha spiegato al quotidiano zurighese che «la Svizzera tutti i mezzi per scongiurare il pericolo di una crisi degli oppioidi. In primo luogo, gli Stati Uniti sono un esempio di proporzioni storiche di come non fare le cose. In secondo luogo, la Svizzera è un leader mondiale nella cura dei tossicodipendenti».
Sguardo verso i medici
C'è poi la facilità di ottenere gli oppiacei. Per Beatrice, la cosa è resa più facile dal fatto che la Svizzera non dispone di una cartella clinica elettronica (non c'è quindi controllo su quale medico prescrive».
Burden ha spiegato sempre al “Tagi” che i medici di base «si trovano in una situazione molto difficile perché i pazienti che vengono da loro assumono forti antidolorifici dopo le operazioni. Non si può semplicemente togliere i farmaci alle persone perché soffrono terribilmente».
Anche Bruggmann ritiene necessari dei cambiamenti. «Non dobbiamo demonizzare questi farmaci, ma non si dovrebbe dare a ogni paziente un'intera confezione da portare a casa dopo un'operazione standard». In particolare nel caso di dolori cronici è necessario avere cautela. «Naturalmente queste persone soffrono e richiedono farmaci forti. Ma rischiano fortemente di diventare dipendenti. Perché a un certo punto i farmaci non funzionano più con la dose iniziale e devono prenderne sempre più. Così può innescarsi un circolo vizioso».