Ne è convinto il presidente dell'USS Pierre-Yves Maillard, che chiede anche sostanziosi aumenti generalizzati per far fronte all'inflazione
BERNA - La libera circolazione delle persone non ha alcun futuro senza un'efficace protezione dei salari: lo sostiene il presidente dell'Unione sindacale svizzera (USS) Pierre-Yves Maillard, che chiede anche sostanziosi aumenti generalizzati degli stipendi per far fronte all'inflazione.
«Circondati da Paesi che guadagnano un terzo rispetto a noi» - «Accettiamo la libera circolazione delle persone se vi sono buone misure di accompagnamento», afferma il consigliere nazionale (PS/VD) in un'intervista pubblicata oggi dal SonntagsBlick. «La Svizzera si trova nel cuore dell'Europa ed è circondata da paesi in cui la gente guadagna un terzo di quanto avviene nella Confederazione».
Il potenziale giovane e non - Secondo Maillard è eticamente difficilmente accettabile che per far fronte alla mancanza di personale le aziende reclutino in Germania, Polonia o Francia. «E le spiego volentieri perché: un mio amico ha 55 anni, ha sempre lavorato, anche in funzioni dirigenziali. La sua azienda ha sofferto pesantemente per la pandemia e ha dovuto chiudere. Ora non trova più un impiego e riceve l'assistenza. Altri non hanno dritto né alla disoccupazione, né all'aiuto sociale. Quindi ci sarebbe ancora un potenziale in Svizzera, se finalmente le imprese assumessero i lavoratori di una certa età!».
Anche presso i giovani vi è parecchio potenziale, argomenta l'ex consigliere di stato vodese (2004-2019). «Nel mio cantone in 15 anni abbiamo tolto 7000 giovani dall'assistenza: con il coaching li abbiamo accompagnati nel tirocinio. È costato 30 milioni all'anno, ma è stata una buona cosa, perché abbiamo dovuto versare meno aiuto sociale. I datori di lavoro dovrebbero investire in questo campo, invece di reclutare all'estero».
Condizioni poco favorevoli - «I datori di lavoro si trovano in una posizione poco confortevole, c'è penuria di manodopera qualificata e questo pone i lavoratori e i sindacati in una posizione migliore nelle trattative salariali», prosegue Maillard. A suo avviso l'élite economica sta iniziando a radicalizzarsi. «I dirigenti siedono nei loro uffici dei consigli di amministrazione e osano dire a un'infermiera o a un autista di autobus che dovrebbero lavorare di più: le loro richieste sono una provocazione».
«Le associazioni dei datori di lavoro parlano sempre di libertà e flessibilità, ma ora vogliono imporre alla gente come deve lavorare», prosegue il sindacalista facendo riferimento alla richiesta, da parte padronale, di limitare i tempi parziali. «Negli ultimi 40 anni la società è cambiata e loro non sembra che se ne siano accorti. Sono cresciuto in una famiglia operaia, mio padre non aveva seguito un apprendistato, ciò nonostante è riuscito a dare da mangiare a una famiglia di cinque persone. Oggigiorno sono necessari due stipendi. Oggi si lavora di più che 40 anni or sono».
Poiché l'inflazione si mangia parte del reddito, sono necessari salari più alti, non più bassi, argomenta Maillard. «Chiediamo un aumento generalizzato degli stipendi e delle pensioni: un paese che salva una banca con 259 miliardi se lo può permettere», conclude.