Spazi angusti, privacy assente. Accade in quel di Zurigo. L'esperta: «Senza un trattamento adeguato il pericolo è concreto»
ZURIGO - La maggior parte di questi giovani ha intrapreso un viaggio mettendo a rischio la propria vita. Molti sono traumatizzati. In 90, la maggior parte dei quali provenienti dall'Afghanistan, vivono nell'ex caserma della polizia di Zurigo. Sono alloggiati in dormitori al terzo piano dello stabile adibito ad alloggio temporaneo per i richiedenti l'asilo.
J.* è tra questi. Come riporta la Zürcher Unterländer, il giovane vive nella caserma da più di quattro mesi. In assenza totale di privacy, racconta. «Siamo in tanti a vivere qui. E c'è un continuo andirivieni», dice. Eppure la struttura non è nemmeno al completo.
L'umore tra i giovani rifugiati non è dei migliori. «Vorrei fare carriera e imparare qualcosa», prosegue J. E mentre descrive la sua situazione con l'aiuto di un traduttore, inizia a piangere.
La sistemazione temporanea nella ex caserma è operativa da inizio anno. Separati dagli adulti e dalle famiglie, i minorenni non accompagnati (MNA) vivono al terzo piano. Dai colloqui emergono condizioni difficili, in parte dovute allo spazio ridotto a loro assegnato.
Il caso Lilienberg - Le descrizioni riportano alla memoria il centro di Lilienberg, nel quale solo un anno fa erano emersi abusi nella sistemazione e nella cura dei richiedenti asilo minorenni. La struttura, all'epoca occupata da 90 giovani, era in realtà adatta a ospitare un massimo di 40-45 ragazzi.
Poco più di 2 metri quadri a testa - Un'ispezione nell'ex caserma conferma una situazione analoga: I 90 giovani che attualmente vi risiedono si trovano in diversi dormitori che ricordano gli alloggi militari. Se tutti i letti fossero occupati (quindi se la struttura arrivasse ad accogliere 126 giovani), ogni persona avrebbe a disposizione uno spazio di soli 2,6 metri quadrati pro capite, nella stanza più stretta addirittura solo 2,16. Attualmente lo spazio a disposizione è di 3,73 metri pro capite. Nel criticato centro di Lilienberg i metri quadri a disposizione erano 5,6: più del doppio. Questo senza analizzare le sale comuni, a loro volta più spaziose nel centro di Lilienberg.
«Non vengono garantiti i loro diritti» - Luca Maggi, consigliere comunale dei Verdi, ha seguito gli sviluppi del Lilienberg e conosce anche le condizioni della caserma. «A quanto pare il Cantone non ha imparato nulla», commenta. Maggi fa parte di una rete che si è formata dopo che gli abusi nel vecchio centro sono diventati di pubblico dominio e che mira a migliorare la situazione dei MNA nel Canton Zurigo. Per il politico è chiaro: i ragazzi nell'ex caserma hanno urgentemente bisogno di più spazio. «Non vengono garantiti i loro diritti in questa situazione precaria».
I minori non accompagnati richiedenti asilo sono un caso giuridico particolare in Svizzera. Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, sono considerati bambini e devono essere trattati come tali. Ciò comporta misure per la loro assistenza e il loro sostegno. Tuttavia i centri MNA non devono sottostare alle stesse regole dei centri di accoglienza per giovani.
Il Comune di Zurigo vuole correggere questa disparità di trattamento. Sulla base del Rapporto Lilienberg, a marzo ha annunciato che avrebbe adeguato le linee guida cantonali equiparando le regole sull'assistenza residenziale dei MNA alla legge sulle case per bambini e ragazzi. Non è chiaro, però, se ciò varra anche per l'ex caserma.
«Non fare nulla è pericoloso» - La situazione, intanto, preoccupa Sandra Rumpel, psicoterapeuta responsabile dell'associazione Family Help, che si occupa dei MNA provenienti dai centri di accoglienza per richiedenti asilo. Nonostante le numerose sollecitazioni, a Family Help non è stato concesso l'accesso alla struttura, il che è insolito. «Tuttavia analizzando il piano di occupazione, devo dire che le condizioni sono ancora peggiori di quelle del Lilienberg», sottolinea Rumpel.
Sulla base delle conversazioni con i giovani della caserma, la psicologa è fermamente convinta che alcuni residenti abbiano urgentemente bisogno di un trattamento psicologico o psicoterapeutico. Secondo la specialista, il 50-75% di tutti gli MNA presenta solitamente un disturbo da stress post-traumatico. «Non fare nulla è pericoloso. Soprattutto quando le persone interessate devono vivere in gruppo in uno spazio ridotto».
Sia Rumpel che Maggi ritengono infine che, con un trattamento e una sistemazione adeguati, aumenterebbero le possibilità per queste persone di condurre un giorno una vita indipendente e autonoma, senza finire nel sistema di assistenza sociale.