Aumentato del 20% il numero di "quote" rosa fra il popolo delle schioppette che si esercita nei "cinema da tiro", dei moderni poligoni.
ZURIGO - Un tempo la caccia era un affare da uomini. Oggi, a vedere i dati dell'Ufficio caccia e pesca a livello federale riportati dalla NZZ, non è più così: in Svizzera le donne cacciatrici registrate sono 1'071 e sono aumentate del 20% negli ultimi anni.
Se ne è accorto chi frequenta i poligoni di tiro, dove la presenza femminile è sempre più evidente, non senza qualche iniziale atteggiamento di circospezione da parte dei colleghi. Ne sanno qualcosa Kirsten Bischof e Manuela Nold, che al quotidiano zurighese hanno raccontato la loro esperienza.
«Quando spariamo, gli uomini ci guardano, come a voler fare delle distinzioni: poi però alla fine ci danno dei buoni consigli».
Impennata femminile - Se si pensa che ad esempio nel canton Zurigo fino a 9 anni fa non c'era l'ombra di donna che imbracciava un fucile e si inoltrava per macchie e praterie a caccia di animali selvatici, l'impennata dei numeri che si registrano fa capire che l'universo caccia - popolato in tutta la Confederazione da 29mila cacciatori - affascina sempre di più il sesso femminile. Anche nella Svizzera italiana, come conferma il presidente della Federazione Cacciatori Ticinesi, Fabio Regazzi: «Ci sono più donne che abbracciano la nostra passione - dice - e lo vediamo anche dalle iscrizioni agli esami e quando ci sono le cerimonie della consegna dei diplomi. Rispetto al passato, non è più un'eccezione vedere una donna cacciatore».
Donna-cacciatore che, come i colleghi, segue alla lettera i dettami del manuale. Nelle giornate di addestramento le doppiette in rosa imparano a sparare sui bersagli colpendoli nella gabbia toracica: «Un colpo letale per evitare che l'animale soffra» racconta la cacciatrice Bischof, laureata in legge e un impiego da traduttrice.
«Richiede molta routine» - La sua amica Manuela anche lei si esercita perché «ci vuole molta forza per sparare a mano libera da una posizione eretta e rimanere stabili», dice. «Il tiro è un mestiere che richiede molta routine per essere appreso correttamente da zero, richiede calma interiore, concentrazione e controllo del corpo. Sono tutte abilità che ti allenano anche alla personalità» ha riferito al quotidiano.
La legge federale sulla caccia obbliga d'altronde i Cantoni a garantire l'istruzione e la formazione dei cacciatori. Chi vuole cacciare deve saper mostrare ogni anno le sue capacità e superare appunto la prova di tiro; oltre a conoscere le regole in vigore nelle riserve di caccia.
«Lì si ha il diritto di sparare ma si hanno anche dei doveri - raccontano le due cacciatrici alla NZZ - se ad esempio i cinghiali divorano un campo di granturco i cacciatori devono pagarne una parte. I danni alla selvaggina causati da lupi e castori, invece, sono a carico dello Stato, perché questi animali sono protetti e devono essere rilasciati per il tiro dal Cantone».
La formazione venatoria - Una buona e soprattutto moderna formazione venatoria tende a «combattere l'immagine negativa della caccia» e dell'impatto sull'ambiente proprio relativo all'addestramento: noto il caso dell'inquinamento da piombo del poligono di Embrach, inserito in un paesaggio alluvionale protetto; nel 2019 venne fuori una relazione che ipotizzava la presenza di almeno tra le 200 e 250 tonnellate di piombo e da 500 a 600 chili di antimonio (un semimetallo altamente tossico) nel terreno. Anche acque sotterranee risultavano fortemente contaminate.
Oggi proprio per evitare danni all'ambiente si ricorre a soluzione rispettose della natura: a Bülach esistono dei "cinema di tiro", con schermi a 180 gradi sui quali compaiono le sagome degli animali proiettati su una rete di carta davanti a un muro di cemento. Un cinema per i cacciatori.
«I cinema di tiro imitano la natura e gli animali che si muovono tra alberi e cespugli. Ci si trova di fronte a una situazione reale e si deve reagire» concludono.