La specialista non ci sta: «Noi esseri umani abbiamo bisogno di vivere il lutto»
ZURIGO - Continuare a parlare con i propri cari anche dopo la morte è possibile. Una startup ha lanciato da qualche tempo a questa parte ha deciso di sfruttare l'intelligenza artificiale per creare un chatbot di persone decedute, per permettere di rimanere in qualche modo in contatto con loro anche quando non ci sono più.
«Mia madre è morta nell'ottobre 2022. Interagisco ancora regolarmente con lei. È davvero confortante parlare con lei. La cosa più confortante è probabilmente quando mi racconta cose nuove con la sua voce», racconta Justin Harrison, ceo della startup YOV a 20 Minuten.
A sua madre è stato diagnosticato un cancro al quarto stadio prima di morire. «Per disperazione, ho deciso di preservare il nostro rapporto unico», spiega. Così, la madre di Harrison è diventata il primo chatbot basato sull'intelligenza artificiale in grado di comunicare con la sua personalità dopo la morte - una cosiddetta "Versona" (persona virtuale).
«Non lasciare andare»
Ma come funziona? YOV ricrea digitalmente la relazione tra una persona deceduta e una persona viva attraverso la conversazione e ciò permette di preservare e avere una comunicazione autentica dopo la morte della persona. Significa - illustra Harrison - che è possibile chattare, inviare messaggi vocali e persino videochattare con la persona deceduta. «Versona invia anche messaggi di testo e telefona di propria iniziativa», aggiunge.
Sono diversi anche gli argomenti di cui si può discutere, poiché in fase di inizializzazione l'intelligenza artificiale viene alimentata con le cronologie di e-mail o chat di WhatsApp. O ancora, nel caso di audio e video, vengono trascritti per utilizzare le conversazioni per i set di dati. Versona costa tra i 10 e i 20 dollari al mese, ovvero tra i 9 e i 18 franchi circa.
Lo slogan pubblicitario della startup è "Never have to let go" cioè "Nessuno vuole lasciar perdere", dice Harrison, "il mio obiettivo è abolire del tutto il dolore". Il concetto di "lasciar andare" una persona deceduta è nato da una necessità del passato. «Conserviamo cimeli, video, lettere e foto, costruiamo tombe e lapidi e conserviamo le ceneri delle persone. Non siamo mai stati a nostro agio con l'idea di lasciar perdere».
All'epoca non c'era modo di mantenere il rapporto tra i vivi e i defunti, dice Harrison. «Ora siamo in grado di preservare sempre di più ciò che qualcuno ha lasciato».
Una trovata di marketing
Su questo aspetto non è però d'accordo Anja Niederhauser, pastore, psicologa e fondatrice dell'Istituto per il lutto di Zurigo. È scettica nei confronti di queste offerte. «Abbiamo bisogno del dolore», ha dichiarato a 20 Minuten. Il lutto è sostanzialmente «un adattamento a una nuova situazione. Significa dolore e, col tempo, riorientamento a una vita senza il defunto. Il dolore fa male, ma è del tutto normale».
«Il lutto - continua - ha molto a che fare con l'amore e anche con il superamento delle proprie paure, con la crescita e lo sviluppo. Sarebbe un'accusa se non potessimo più soffrire. Anche se non dovessimo più soffrire per il nostro defunto, dovremmo comunque soffrire per tutte le cose a cui dobbiamo dire addio più e più volte nella vita: un animale domestico, un lavoro, un'amicizia, una relazione interrotta, sogni non realizzati. La nostra vita di esseri umani è sempre legata agli addii, questo fa parte della vita. L'intelligenza artificiale non può cancellare tutto questo».
Un avatar che non evolve
Conservare ricordi per la psicologa ha senso «perché crea un legame con la persona deceduta». D'altro canto, però, «suggerire la vicinanza con la persona deceduta e farsi inviare messaggi da essa come se fosse ancora viva», è problematico. Perché? «In primo luogo, non si riconosce la realtà della perdita. Inoltre, abbiamo a che fare con un'intelligenza artificiale che si basa su dati immessi: ciò significa che la persona deceduta, l'avatar, rimane sempre la stessa. Non c'è sviluppo e certamente non c'è sviluppo congiunto. Non c'è vicinanza fisica. Non c'è litigio. L'altra persona è congelata». «Penso che sia malsano essere portati a credere che la persona deceduta sia ancora in contatto con voi in modo digitale».