I prezzi del cacao sono aumentati in modo massiccio. E l'import dall'Italia si fa sempre più importante.
ZURIGO - Un pezzettino di cioccolato dopo cena: per molti svizzeri è un must, tanto che una famiglia ne mangia in media più di undici chili l'anno.
Una passione, questa, che potrebbe avere presto conseguenze per il nostro portafogli. Da gennaio il prezzo del cacao è aumentato del 70%, come riporta la SRF. La ragione? Quest’anno il raccolto di cacao in Costa d’Avorio è andato malissimo. Le forti piogge ne hanno reso difficile la coltivazione e le scorte sono ormai limitate.
Conseguenza: i prezzi stanno aumentando, come spiega Christian Robin, direttore esecutivo della Piattaforma svizzera per il cacao sostenibile. «Segnali di un notevole calo del raccolto avrebbero un impatto diretto sui mercati delle materie prime a Londra e New York».
Anche il produttore svizzero di Max Chocolatier conferma la tendenza: «Da gennaio i nostri prezzi cresceranno in media del 7-8% circa. Un aumento limitato rispetto a quello dei prezzi del cacao», ha sottolineato l'amministratore delegato e fondatore Patrik König. I costi aggiuntivi, d'altronde, non possono essere completamente trasferiti sull'acquirente. «Il consumatore oggi è diventato più attento ai prezzi dei prodotti, non possiamo quindi farli crescere troppo».
Contemporaneamante, un altro fattore sta iniziando ad essere una spina nel fianco dei produttori locali. Tra il 2018 e il 2022 (dati de il "Sole 24 Ore") le importazioni di cioccolata italiana sono cresciute del 37% in volume e del 25% in valore, arrivando a 3.386 tonnellate e sfiorando i 29 milioni di euro. Solo quest’anno, nel periodo che va da gennaio a ottobre, si è registrato un ulteriore +4,8% a volume e +5,8% a valore, come rileva la federazione dei produttori Chocosuisse. Un dato che non viene compensato dall'esportazione del cioccolato svizzero in Italia: nell’arco di dieci anni ne sono stati venduti il 16,4% in meno per un totale di 4.897 tonnellate.
Un trend doloroso per i produttori svizzeri, che non si sono ancora ripresi completamente dalla pandemia e che devono sempre più fare i conti con la concorrenza estera, favorita dal buon rapporto qualità/prezzo e, parrebbe, dalla bassa fedeltà dei consumatori ai prodotti locali.