Un sergente 50enne ha portato in tribunale il Dipartimento federale della difesa in un processo decisamente particolare.
SAN GALLO - Un processo davvero singolare, quello tenutosi lo scorso 13 febbraio al Tribunale amministrativo federale (TAF) di San Gallo.
Come riportato dal TagesAnzeiger, un sottufficiale di professione dell'esercito svizzero (per la precisione un sergente) ha citato in giudizio il Dipartimento federale della difesa (DDPS), della protezione della popolazione e dello sport - della cui situazione finanziaria di recente si è discusso parecchio - reo, secondo lui, di non avergli pagato 5 anni di servizio.
Stando al 50enne, infatti, l'Armata non gli avrebbe corrisposto quanto dovuto per il periodo che va dal primo gennaio 2015 al 25 settembre 2020. In questo lasso di tempo, avrebbe incamerato 1'500 ore di straordinario non pagate e quindi richiede un risarcimento di 106'790 franchi.
79 testimoni - Per sostenere la sua tesi, l'uomo ha chiesto che fossero sentiti ben 79 testimoni che potessero confermare alla Corte il lavoro da lui svolto e l'impossibilità di "timbrare" in maniera accurata gli orari di entrata e uscita dal servizio. Il Tribunale amministrativo, su suggerimento del DDPS, ha preferito rinunciare.
Sempre stando a Berna, il sottufficiale «avrebbe lavorato prevalentemente in ufficio, con orari regolari e registrava nel sistema a malapena 45 ore lavorative settimanali». Il querelante, però, non è d'accordo: «È noto che i sergenti professionisti lavorano molto di più», inoltre il sistema di timbratura veniva utilizzato «solo per registrare il tempo dedicato ad alcuni progetti, perché per altri non era possibile utilizzarlo».
A questo il Ddps ha replicato che in ogni caso «le ore extra di lavoro vengono recuperate con ore di libero, e non è prevista alcuna retribuzione».
Quei ritocchini al calendario online - Il Tribunale amministrativo federale ha inoltre stabilito che l’uomo non era stato in grado di fornire prove sufficienti di quelle presunte ore straordinarie.
L'elenco fornito dal querelante, infatti, non è stato ritenuto sufficientemente preciso. Inoltre è stato scoperto che lo stesso aveva modificato, in un secondo momento, alcune parti del suo calendario in cloud su Outlook.
Alla fine del procedimento il TAF ha decretato che l'uomo non aveva diritto ad alcun compenso, ha però deciso di non fargli pagare le spese processuali. Una parte di queste, quindi, saranno a carico dei contribuenti.
La sentenza non è definitiva e potrà essere portata - qualora il querelante lo vorrà - davanti al Tribunale federale.