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SVIZZERA«Il canone radio-tv, per ora, non va toccato»

26.03.24 - 16:49
La CTT-N: «Prima di ritoccare il canone radio-tv va posta in consultazione una revisione della concessione per la SSR».
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Fonte ATS
«Il canone radio-tv, per ora, non va toccato»
La CTT-N: «Prima di ritoccare il canone radio-tv va posta in consultazione una revisione della concessione per la SSR».

BERNA - Prima di ritoccare il canone radio-tv, va posta in consultazione una revisione della concessione per la SSR, ossia del mandato di prestazioni. È il parere, espresso all'unanimità, dalla Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale (CTT-N).

Quest'ultima, affrontando la revisione parziale dell’ordinanza sulla radiotelevisione (ORTV), si è detta contraria al modo di procedere del Consiglio federale.

Per la CTT-N, spiega una nota odierna dei servizi parlamentari, prima di definire l'importo del canone va posta in consultazione una revisione della concessione per la SSR. Occorre insomma discutere sulla portata e il contenuto del servizio pubblico.

Il piano del governo - L'8 novembre scorso, in risposta all'iniziativa popolare "200 franchi bastano! (Iniziativa SSR)" che raccomanda di respingere, il governo aveva proposto di abbassare il canone, entro il 2029, dagli attuali 335 a 300 franchi all'anno mediante una revisione parziale dell'ORTV, la cui procedura di consultazione si è chiusa a febbraio. Inoltre, le imprese con un fatturato annuo soggetto all'IVA fino a 1,2 milioni di franchi dovrebbero essere esentate dal canone (attualmente fino a 500'000 franchi).

Stando all'esecutivo, l'iniziativa, che prevede per la Società svizzera di radiotelevisione una riduzione dei proventi del canone dagli attuali 1,25 miliardi di franchi a circa 650 milioni, avrebbe effetti di vasta portata sull'offerta giornalistica e sul radicamento regionale della Società svizzera di radiotelevisione (SSR) con la sua organizzazione federalista.

Il Consiglio federale aveva tuttavia ammesso di condividere la preoccupazione dei promotori dell'iniziativa di sgravare l'onere finanziario delle economie domestiche e dell'economia. La revisione dell'ordinanza permetterà all'esecutivo di stabilire autonomamente l'importo del canone radiotelevisivo. Con le proposte del Consiglio federale, l'importo fisso destinato in futuro alla SSR dovrebbe diminuire di 170 milioni di franchi, a fronte degli attuali 1,25 miliardi.

La procedura di consultazione si è chiusa al primo di febbraio. Prima delle vacanze estive, il Consiglio federale dovrebbe presentare al Parlamento il messaggio sull'iniziativa SSR e contemporaneamente, alla luce dei risultati della consultazione, adottare l'ORTV parzialmente riveduta. La nuova concessione della Società svizzera di radiotelevisione dovrà essere elaborata dopo la votazione popolare sull'iniziativa SSR, prevista per il 2026.

Le reazioni - Il progetto del Consiglio federale ha suscitato numerose prese di posizione. Una coalizione formata da sinistra, sindacati, associazioni sportive, culturali e mediatiche e città si oppone ai tagli, mentre il centro-destra, le PMI e l'industria della ristorazione ritengono le decurtazioni del tutto insufficienti.

Dal canto suo, la SSR stima che la riduzione del canone comporterà un calo delle entrate di circa 240 milioni di franchi e una riduzione di circa 900 posti di lavoro in tutte le regioni. La misura avrebbe un impatto anche sulla copertura dei grandi eventi sportivi. Per i sindacati dei media, i tagli previsti metterebbero a repentaglio la qualità del servizio pubblico dei media.

I tentativi precedenti - La cosiddetta "Iniziativa SSR" segue quella chiamata "No Billag", che intendeva abolire in toto la tassa di ricezione, e che nel marzo 2018 era stata respinta chiaramente dal 71,6% dei cittadini. Il lancio di "200 franchi bastano!" è stato promosso da UDC, Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) e giovani liberali-radicali.

Oltre a ridurre la "tassa obbligatoria" per le famiglie e per i giovani, l'iniziativa chiede di esentare tutte le società e le imprese dal pagamento del canone. La ripartizione dei proventi alle emittenti radiofoniche e televisive private rimarrebbe invariata.

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