Le critiche di Ueli Buri, presidente della Conferenza degli incaricati svizzeri per la protezione dei dati (privatim)
BERNA - Ueli Buri, presidente della Conferenza degli incaricati svizzeri per la protezione dei dati (privatim), critica lo scambio intercantonale di informazioni richiesto dai corpi di polizia e ritiene la domanda un «assegno in bianco» per questi ultimi.
«La polizia non è il garante dell'equilibrio tra sicurezza e privacy», afferma Buri in un'intervista pubblicata oggi dalla Berner Zeitung. «Sono i politici che devono decidere su questo equilibrio», aggiunge, sottolineando che «non sono le autorità fiscali a determinare le aliquote d'imposta».
Il presidente critica anche il fatto che la polizia raccolga dati come misura preventiva e senza sospetti, sottolineando che i cittadini non hanno scelta, a differenza di quanto avviene per i profili dei social media. Il diritto all'autodeterminazione in materia di informazione è un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione, ha aggiunto.
La Conferenza dei comandanti delle polizie cantonali della Svizzera (CCPCS) ha chiesto la creazione di una banca dati nazionale per combattere i crimini seriali, sostenendo che la mancanza di scambio di dati tra i corpi cantonali e comunali di polizia renda difficile l'identificazione dei criminali seriali.
Buri mette in dubbio la necessità di un tale database. Per i furti, ad esempio, «esiste un indice nazionale di polizia», osserva.