Via social e videogiochi, il Califfato mai così popolare tra i giovani grazie alla guerra in Palestina e i recenti fatti di cronaca.
ZURIGO - Dopo l'accoltellamento di un uomo ebreo in centro a Zurigo e i fermi dei presunti “baby-jihadisti”, avvenuti a ridosso della Pasqua nei cantoni di Sciaffusa e Turgovia, la Svizzera riscopre l'ombra dell'Isis del radicalismo islamico sui giovani - spesso figli di famiglie dal passato migratorio - che si pensava ormai dissipata.
A contribuire a questa recrudescenza dello Stato Islamico, spiega sulle pagine del TagesAnzeiger il criminologo Ahmed Ajil, il conflitto fra Israele e la Palestina: «le associazioni terroristiche come il Califfato guadagnano consensi quando si verificano conflitti con una disparità di forze così evidente, l'ISIS è particolarmente abile a sfruttare le sofferenze del popolo palestinese per i suoi scopi, così come creare degli eroi da attacchi come quello di Zurigo. Il 15enne è stato dipinto come “unico difensore dei musulmani oppressi”. È una retorica che funziona, soprattutto nei giovani che hanno uno spiccato senso di giustizia».
Adolescenti oggi che scoprono lo Stato Islamico per la prima volta: «Durante la prima ondata di attentati dell'ISIS in Europa, erano ancora dei bambini e non possono ricordare il dolore e la paura di quei fatti, gli manca quel tassello di "memoria collettiva"», spiega Ajil, «proprio per questo subiscono due volte la pressione - anche normativa - di un mondo, delle istituzioni, che invece se lo ricordano. Questo può sembrare loro oppressivo e funzionare da boomerang, portandoli proprio ad avvicinarsi all'estremismo. Per questo è importante che i canali di comunicazione restino aperti il più possibile».
Una carenza, questa, evidenziata anche da Alexandra Ott Müller del Tribunale dei minorenni di Winterthur (ZH). Proprio la città zurighese, lo ricordiamo, è stato un importante spot di radicalizzazione - anche di giovanissimi - finito sotto i riflettori della cronaca proprio in quegli anni particolarmente caldi.
Secondo Ott Müller non si tratta di una recrudescenza lampo, quanto piuttosto di un processo costante e «in atto ormai da più di un decennio». Sono cambiati i modi, e il proselitismo si è spostato sempre più verso l'online, così come l'identikit dei minorenni radicalizzati: «sempre più giovani, e sempre più ragazze».
«Era solo questione di tempo prima che il fenomeno si estendesse anche in altri cantoni», commenta la giurista che evidenzia diverse carenze sistematiche sulla questione, dalla scarsa flessibilità giuridica a una generale mancanza di know-how sull'argomento, soprattutto nei cantoni più piccoli: «molti Tribunali dei minorenni non hanno mai avuto a che fare con questo tipo di fenomeno».
La radicalizzazione fra ragazzi e ragazze è «una cosa completamente diversa» rispetto a quella degli adulti: «Per i giovani è più una questione di sentirsi parte di un gruppo, di capire quali possano essere i propri limiti o emulare modelli di comportamentali», spiega.
Per questo, in queste fasi, la radicalizzazione avviene rapidamente: «attraverso i social network, i video e i messaggi, canali che possono raggiungere tante persone in tanti Paesi in un colpo solo e non possono essere controllati dalle autorità», autorità che - al momento - faticano a tenere il passo: «È proprio così, stiamo raggiungendo il limite delle nostre capacità».
Un altro mezzo di reclutamento sono anche i videogiochi, conferma invece il Blick in relazione proprio al caso del 15enne e del 16enne fermati, tutto sarebbe partito dai videogame online e in particolare “Roblox”, videogame di costruzioni ampiamente modificabile, molto apprezzato dai bambini più piccoli.
Malgrado i due fossero ormai adolescenti lo utilizzavano per frequentare gruppi chiusi a carattere islamico radicale, lo stesso faceva anche il 15enne responsabile dell'assalto all'arma bianca di Zurigo.
Nelle “room” filo-jihadiste gli utenti hanno realizzato mini-giochi a tema, con prese di ostaggi o uccisioni di infedeli. Dalle chat su “Roblox” le comunicazioni si spostano poi sulla chat di Discord oppure direttamente su WhatsApp, in questo modo si sfugge all'occhio degli inquirenti.