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SVIZZERADalla prossima primavera i cellulari dei migranti potranno essere “perquisiti”

12.09.24 - 06:30
C'è la speranza che la novità, in vigore dal 1 aprile 2025, possa aiutare a combattere il terrorismo. Ma non è così semplice.
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Fonte NZZ
Dalla prossima primavera i cellulari dei migranti potranno essere “perquisiti”
C'è la speranza che la novità, in vigore dal 1 aprile 2025, possa aiutare a combattere il terrorismo. Ma non è così semplice.

BERNA - Sequestrare un dispositivo mobile di un richiedente l'asilo per “perquisirlo” in cerca di informazioni, magari anche di rilevanza penale. È questa la misura, già approvata in parlamento 3 anni fa e che diventerà attiva - scrive la NZZ - a partire dal primo aprile 2025.

Questa novità, che riguarda anche i laptop e «altri dispositivi di memorizzazione», fa parlare di sé in correlazione ad alcune tendenze legate alla radicalizzazione in Svizzera che preoccupano. Dopo il caso del giovanissimo di Sierre, accusato di aver postato messaggi d'odio di stampo islamista, è ormai cosa nota che i simpatizzanti alla Jihad siano sempre più giovani e collegati ai social.

La convinzione diffusa, riporta il quotidiano zurighese, è che questa nuova possibilità - utilizzata in maniera sistematica - «potrebbe aiutare le autorità svizzere a individuare tempestivamente i richiedenti l'asilo che diffondono idee jihadiste e/o sono connessi con reti terroristiche con un piano di attacco in Svizzera».

Ma è davvero così? In realtà, non proprio. La misura, che è già in vigore in diversi Paesi, è piuttosto pensata nell'ambito della procedura d'asilo per l'identificazione di queste persone che spesso e volentieri sono sprovviste di documenti: scandagliando i loro dispositivi potrebbe essere possibile determinare la loro età e la loro provenienza.

Per quanto riguarda, invece, l'uso per identificare illeciti o possibili casi di terrorismo, le cose si fanno un po' più complicate. Questo perché sia nel codice di procedura penale, sia nelle leggi che regolano i servizi segreti, questo tipo di misure sono ritenute «particolarmente severe» e sono comunque soggette ad approvazione.

Insomma, perché si arrivi al sequestro di un cellulare, è necessario che vi siano prove concrete di reato. Quindi lo “scandagliamento” sistematico in cerca di possibili legami jihadisti appare sin da subito un'eventualità esclusa a meno «di un fondamentale cambiamento a livello giuridico», conferma la stessa SEM

Come funziona, invece, se un operatore alle prese con lo smartphone di un migrante finisce per trovarsi fra le mani indizi che fanno pensare a possibili tendenze terroristiche? In tali casi la Segreteria è tenuta a informare il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC).

Questo avviene anche in caso di «minacce concrete e gravi alla sicurezza interna o esterna al Paese», come l'incolumità di una o più persone e non per forza di cose in relazione al terrorismo.

Ma quali dati possono essere vagliati dalle autorità? Anche qui il regolamento è piuttosto rigido: sono escluse le chat e i messaggi così come la cronologia del browser. L'eventualità di trovare qualcosa di “incriminante” resta quindi molto rara.

A denunciare la pratica del controllo “digitale” della migrazione è Amnesty International, a livello internazionale ma anche svizzero. La criticità discriminatoria evidenziata dall'Ong riguarda l'impossibilità dei migranti di difendersi da questo tipo di scrutinio che avviene senza le medesime prerogative giuridiche applicate nella società civile.

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