Un libro racconta la pandemia del capo dell'Ufsp fra dubbi, stress e minacce: «In politica bisogna essere pronti a consumarsi, con dignità».
BERNA - Ci è voluto un libro, e uno psicologo, per permettere ad Alain Berset di elaborare lo stress dell'emergenza Covid in Svizzera. Un periodo di estrema incertezza fra dolorosi lockdown e misure che non facevano l'unanimità e, ancora oggi, dividono.
Berset, come capo dell'Ufficio federale della salute pubblica (Ufsp) era la persona di riferimento e - di fatto - in primissima linea, con un bagaglio immenso di responsabilità ma spesso e volentieri completamente solo.
Nel nuovo libro “Der Berset Code”, sottotitolato “La strategia della resilienza di Alain Berset” e firmato dallo psicologo Gregor Hasler (disponibile da oggi) l'attuale Segretario generale del Consiglio d'Europa si apre e analizza i retroscena personali di quel periodo intensissimo.
«Ricordo di aver chiesto agli esperti: “Ma quindi, dovremmo mandare l'esercito nelle strade per evitare che la gente esca di casa?”», ha confidato Berset nel primo capitolo del libro, «era una domanda provocatoria, alla prima riunione loro mi hanno risposto: “Sì, è esattamente quello che dovremo fare”».
Fra l'ex-consigliere federale e il pannello di esperti della Confederazione si è subito creata una certa tensione: «Hanno chiesto sin da subito misure più severe, questo mi ha causato molto stress. Ho sentito da subito un'estrema pressione da parte dei miei pari». Come capo dell'Ufsp il suo lavoro era quello di «trovare una via di mezzo, con la popolazione in mente».
Da qui la scelta di comunicare regolarmente con la popolazione, riferendo i dati dei contagi costantemente e aggiornando - in base all'evoluzione dei dati - le misure precauzionali.
«È stato un periodo brutale», conferma Berset, «vivevo nell'incertezza, praticamente non dormivo e non avevo appetito». Lo stato di burnout era quasi costante: «La pressione era così grande che a volte non avevo la forza di fare nulla». Arrendersi, però, non era un'opzione contemplata.
«In politica bisogna essere pronti a consumarsi, con dignità e orgoglio», ha aggiunto, «sai che hai dato tutto te stesso se non hai davvero più nulla da dare». Una filosofia, questa, che l'autore e psicologo Hasler non appoggia «ma riassume bene la “mentalità Berset”».
Ma a un certo punto i contagi continuavano a salire, i Certificati Covid non funzionavano (e non piacevano) e i vaccini erano in ritardo. In parlamento è salita la pressione ed è pure saltato fuori il famoso scandalo dell'amante, peraltro uno dei diversi durante quegli anni: «Non ne potevo più, spesso bastava una piccola cosa per farmi esplodere. Mi rendo conto di essere stato ingiusto con diverse persone», confida Berset.
Se, da una parte, la crisi pandemica è stata «un'opportunità per massimizzare la mia influenza al di fuori del Consiglio Federale», ammette l'ex-consigliere federale, dall'altra il peso sulla sua vita privata è stato considerevole: «Io e la mia famiglia abbiamo ricevuto minacce di morte, in certi momenti la pressione era tanta che pensavo volessero finirmi. Ricevevo critiche costanti, in politica, sui media, sui social...».
Per 18 mesi, ogni volta che usciva in pubblico, era accompagnato da una guardia del corpo: «La mia prima uscita da solo, è stato uno “sgarro”, è stata per Natale 2021. Ho fatto una passeggiata con mascherina e cappuccio sulla testa».
«Cosa resta dopo una crisi di questa portata?», chiede Hasler, la risposta: «Il lavoro di squadra, il nostro a livello di Consiglio Federale, ma anche quello della popolazione svizzera. Siamo sopravvissuti a una crisi epocale grazie alla solidarietà».