Ali Abunimah è finito dietro le sbarre sabato, 25 gennaio, prima di partecipare a una conferenza a Zurigo.
ZURIGO - La Svizzera si è ritrovata al centro della bufera dopo l'arresto, avvenuto sabato scorso (25 gennaio) a Zurigo, del giornalista palestinese-americano Ali Abunimah. Il direttore esecutivo del media online Electronic Intifada è finito dietro le sbarre prima di partecipare a un evento pubblico. La ragione? Sul 53enne pendeva un divieto d'ingresso nel Paese.
Ingresso vietato - Secondo quanto riportato sulla Nzz la polizia di Zurigo è stata informata dell'arrivo di Abunimah e ha inoltrato una richiesta all'Ufficio federale di polizia per procedere al divieto di ingresso. Richiesta che è stata accolta.
Il capo del Dipartimento cantonale della sicurezza Mario Fehr ha detto alla NZZ che ad Abunimah è vietato recarsi in Svizzera, aggiungendo che «non vogliamo un islamista che odia gli ebrei e che incita alla violenza in Svizzera».
Un'ora di interrogatorio - Eppure, quando Abunimah è arrivato in Svizzera venerdì, era già stato trattenuto dalla polizia. Dopo un interrogatorio di un'ora aveva potuto proseguire il viaggio.
Irene Khan, la relatrice delle Nazioni Unite per la libertà di opinione e di espressione, ha definito l'arresto «una notizia scioccante» e ha esortato la Svizzera a indagare e a provvedere alla liberazione in un post su X.
La bufera - Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori occupati, ha invece affermato: «Il clima che circonda la libertà di parola in Europa sta diventando sempre più tossico e dovremmo essere tutti preoccupati».
Nel frattempo l'associazione Swiss Action for Human Rights ha lanciato domenica una petizione per chiedere la liberazione di Abunimah. Nel testo online si legge: «Il giornalista è stato rapito con violenza e forza da individui non identificati in abiti civili mentre camminava per le strade di Zurigo sabato 25 gennaio 2025».
Inoltre, la petizione afferma che Abunimah era «in viaggio per tenere una lezione sulla storia della Palestina, dopo che un altro evento che avrebbe dovuto tenere il giorno seguente è stato annullato a causa di pressioni esterne, in seguito a un articolo diffamatorio su un giornale locale che lo accusava senza fondamento di islamismo radicale e antisemitismo».