Nel 2014 la donna abortì durante il rinvio dalla Francia all'Italia. Il dibattimento si svolgerà il 22 novembre presso un tribunale militare a Berna
BERNA - Si terrà il 22 novembre, presso un tribunale militare a Berna, il dibattimento volto ad accertare le responsabilità di una guardia di confine svizzera nella vicenda di una donna siriana che nel luglio del 2014 fu vittima di un aborto durante le operazioni di rinvio dalla Francia all'Italia.
L'Ufficio dell'uditore in capo, secondo quanto si legge in un comunicato odierno, ritiene che la guardia sia "responsabile del decesso della bambina non ancora nata".
La donna siriana, allora 22enne, faceva parte di un gruppo di 36 migranti che il 4 luglio di tre anni fa erano partiti con un treno notturno da Milano diretto a Parigi. Al confine franco-elvetico di Vallorbe (VD) venne respinta assieme agli altri dalle autorità francesi e affidata a quelle svizzere per il rinvio in Italia, lo Stato dello Spazio Dublino dove i migranti avevano inoltrato la prima richiesta d'asilo. Dopo l'arrivo a Domodossola (I) diede alla luce una bambina senza vita.
Stando a fonti giornalistiche dell'epoca, la siriana - incinta di sette mesi - avrebbe avuto forti perdite di sangue durante il trasferimento ma non sarebbe stata soccorsa. Nel frattempo ha ottenuto asilo politico in Italia, assieme al marito e ai tre figli.
L'uditore sottolinea nel comunicato che da Vallorbe a Domodossola, il gruppo di migranti era stato posto sotto la protezione delle guardie di confine svizzere. Il processo durerà tre giorni e il tribunale sarà presieduto dal colonnello Alberto Fabbri.