È accaduto all'imprenditrice ginevrina e promotrice del no alle mascherine, Ema Krusi.
È la prima a vedere i suoi affari presi di mira da un provvedimento delle autorità. Ricorrerà in appello.
GINEVRA - Non ci è voluto molto prima che le sanzioni ginevrine si abbattessero su chi non rispetta le regole anti covid. Da martedì, infatti, vige l'obbligo d'indossare la mascherina nei negozi. Per questo un esercizio commerciale ha già dovuto chiudere i battenti.
Trattasi dell'attività dell'imprenditrice e YouTuber Ema Krusi, proprietaria di un negozio di scarpe nel centro storico di Ginevra. Ad annunciarlo è stata lei stessa, in un video pubblicato mercoledì sera e già condiviso più di 2.000 volte questa mattina.
Da parte sua, il portavoce del dipartimento sanitario di Ginevra, Laurent Paoliello, conferma la chiusura «amministrativa». L'unica, in questo momento, pronunciata dal Cantone. Commentando il suo post, Krusi ha intanto annunciato che farà appello.
Essendo diventata da alcune settimane la voce del "no alla mascherina" e dei "no vax" (asserendo che "l'epidemia è finita" sulla base delle cifre dell'UFSP), ha pubblicato mercoledì sera un video nel quale attacca di fatto il servizio del medico cantonale di Ginevra. Sentendosi presa di mira dalle autorità, ha annunciato la sua volontà a non imporre la protezione ai suoi clienti e ai suoi dipendenti.
«Non posso garantire la loro salute se li costringo a indossare una maschera per otto ore al giorno», ha sottolineato asserendo che l'uso delle mascherine provocherebbe una serie di sintomi (mancanza di ossigeno e mal di testa, in particolare) più pericolosi di ciò dal quale dovrebbero proteggere. «Non ho trovato studi che dimostrino la sicurezza o la necessità delle mascherine», ha aggiunto.
In conclusione l'attacco al servizio del medico cantonale: «Mi hanno additato come una persona irresponsabile, quando invece mi preoccupo della sicurezza dei miei dipendenti». «Il medico cantonale mi ha riattaccato e non desidera più parlare con me. La libertà di espressione non esiste più».
Il post ha suscitato centinaia di messaggi di supporto da parte di utenti arrabbiati sul web.