L'uomo, che vive a Zurigo, soffre di problemi psichici ed è accusato di aver ucciso il piccolo a Francoforte.
Il Tribunale dovrà ora stabile se fosse penalmente responsabile delle sue azioni. L'accusa chiede il suo internamento permanente in un reparto psichiatrico.
FRANCOFORTE - Si apre oggi a Francoforte il processo nei confronti di un eritreo con problemi psichici, residente a Zurigo, accusato di aver ucciso l'anno scorso un bambino spingendolo sotto un treno in movimento. La vicenda aveva suscitato un acceso dibattito sulla sicurezza in Germania.
Il tribunale dovrà stabilire se l'uomo, che vive in Svizzera da 14 anni, sia penalmente responsabile delle sue azioni. È accusato di un omicidio, due tentati omicidi e lesioni gravi. L'accusa chiede il suo internamento permanente in un reparto psichiatrico. La sentenza è attesa per il 28 agosto.
La mattina del 29 luglio 2019 l'uomo aveva spinto un bambino di otto anni e sua madre 40enne sotto un convoglio ICE che entrava nella stazione di Francoforte. Il piccolo era morto sul posto, mentre la mamma si era salvata all'ultimo secondo. Ferita e sotto shock, era stata trasportata all'ospedale. L'uomo, oggi 41enne, aveva tentato di spingere sotto il convoglio anche una 78enne, che però lo aveva fermato ed era riuscita a mettersi al sicuro.
Il sospetto viveva a Wädenswil (ZH) con la moglie e tre figli piccoli ed era in cura per problemi psichici. In seguito ai fatti, dopo un primo periodo in custodia cautelare, era stato trasferito in una clinica psichiatrica. Secondo la procura, al momento del folle gesto l'uomo soffriva di una psicosi schizofrenica. A causa di questa malattia non era in grado d'intendere e di volere.
In una nota, il tribunale di Francoforte precisa: "Ci sono indizi secondo i quali la capacità di discernimento del sospetto sia stata compromessa da una malattia mentale e che quindi fosse penalmente irresponsabile al momento dei fatti". La stessa Procura della Repubblica rinuncia a un atto d'accusa vero e proprio e presenta una domanda di collocamento permanente in un ospedale psichiatrico dell'eritreo, che non è neanche formalmente definito "accusato".
L'uomo, che non conosceva le sue vittime, era stato catturato dai passanti mentre cercava di fuggire. Era ricercato anche dalle autorità svizzere per aggressioni avvenute commesse quattro giorni prima. Egli non era stato controllato al momento del suo ingresso in Germania, nonostante la notifica della polizia elvetica contro di lui, che riguardava solo il territorio svizzero.
Poco prima dell'apertura del processo, la famiglia del bambino ha per altro accusato gli inquirenti svizzeri e tedeschi della loro mancata collaborazione, in una lettera diffusa dal suo avvocato.
Il caso aveva provocato forte commozione sia in Germania che in Svizzera, portando anche a interventi politici: il ministro degli interni tedesco Horst Seehofer aveva ad esempio manifestato l'intenzione di reintrodurre controlli alla frontiera elvetico-tedesca.
Nel giro di pochi giorni, erano stati raccolti più di 100'000 euro in donazioni per la famiglia del bimbo. Anche l'estrema destra aveva ripreso il caso per denunciare la politica migratoria del governo della Cancelliera Angela Merkel, considerata troppo lassista.