Sono poco meno di 1000 le procedure aperte in Svizzera e altre 3722 sono "in corso di chiarimento".
La giurisprudenza in materia sarà indirizzata dai ricorsi alle corti cantonali o al Tribunale federale.
BERNA - Sono 998 le procedure aperte riguardanti presunti abusi nell'ottenimento dei crediti Covid-19, creati dalla Confederazione a sostegno delle realtà economiche duramente colpite dalla pandemia di coronavirus.
Le sentenze già emesse sono 65, ma i casi "in corso di chiarimento" sono 3'722. «Possiamo vedere una percentuale molto bassa di abusi» ha dichiarato a 20minutes il portavoce della Segreteria di Stato dell'economia (SECO), Fabian Maienfisch «considerando che più di 138mila aziende hanno beneficiato di un tale prestito».
Divergenza interpretativa - In questi mesi si è notata una certa divergenza d'interpretazione da parte dei singoli Cantoni. Ad esempio: si può condannare un imputato per frode e falsificazione di titoli, prima che le banche abbiano controllato approfonditamente i moduli presentati. A Vaud è stato possibile, lo scorso mese di maggio, mentre la procura di Friburgo ha espresso parere contrario. A determinare in maniera univoca la giurisprudenza in materia saranno i ricorsi ai tribunali cantonali o, se ce ne saranno, al Tribunale federale.
«Una rete a maglie fini» - L'erogazione dei crediti, dato il contesto eccezionale della pandemia, è stata velocizzata rispetto alla normale procedura. I controlli sono stati effettuati solo in un secondo momento, quando il denaro è già stato consegnato a chi ne ha fatto richiesta. La SECO ha quindi messo in campo «un gran numero» di addetti alle verifiche: «È così che è stato possibile creare una rete a maglie fini contro gli abusi».
Il controllo formale delle banche - Le banche svizzere come hanno agito verso chi ha richiesto il credito Covid-19, senza averne i requisiti? «Le prescrizioni emanate dalla Confederazione - che miravano a concedere crediti Covid-19 nel minor tempo possibile - limitavano gli obblighi delle banche a un unico, meramente formale controllo della forma di credito» ha spiegato a 20minutes Jean-Raphaël Fontannaz, portavoce di UBS. Anche l'associazione dei banchieri privati svizzeri Swissbanking ha ribadito: gli istituti di credito dovevano solo controllare che i moduli di domanda inviati fossero completi e formalmente corretti. Non era previsto un controllo di solvibilità secondo i consueti criteri del settore, ma tutto si svolgeva sulla base delle autodichiarazioni da parte dei clienti, ha ricordato la portavoce Monika Dunant.