I fatti risalgono al 2016, quando un 42enne in seguito a un alterco aveva giustiziato un uomo in una sala da tè
GINEVRA - Nella tranquillità di una sala da tè, un uomo ha puntato la pistola contro un suo amico e lo ha giustiziato. I due erano vicini di casa e nei giorni precedenti avevano litigato. Il tribunale penale di Ginevra ha condannato oggi il 42enne a 16 anni di prigione per assassinio. I fatti sono avvenuti nel maggio 2016, nel quartiere Libellules di Chatelaine (GE).
Per i giudici, l'accusato si è reso colpevole di una «vera e propria esecuzione». Ha agito con un «sangue freddo agghiacciante», svuotando due volte il caricatore della sua pistola semiautomatica sulla vittima, raggiungendola nella sala da tè dove si era rifugiata per "sterminarla come un cane". Il tribunale ha sottolineato il «comportamento terrificante» dell'imputato, che ha fatto vivere «l'indicibile» al suo vicino, nonostante lo conoscesse da anni e con lui avesse stabilito un'amicizia. La colpa dell'accusato è «di una gravità estrema». È stata inoltre commessa per un «movente eminentemente futile».
Secondo la corte, il «sentimento d'inferiorità» di cui soffre il 42enne, la sua frustrazione, «i fallimenti nella sua vita», il tutto associato a una personalità borderline e paranoica, hanno potuto costituire una miscela esplosiva. L'imputato voleva vendicarsi dell'affronto ricevuto dopo l'alterco. La sua rabbia si è "cristallizzata" sulla sua vittima.
Egocentrismo - Il tribunale ha rimproverato all'accusato il suo egocentrismo: i giudici hanno deplorato tra l'altro i tentativi dell'imputato di giustificarsi costantemente, di evocare traumi subiti durante l'infanzia per spiegare le sue azioni.
I giudici hanno inoltre disapprovato il comportamento del 42enne che ha puntato, nel corso di tutto il procedimento, a infangare la memoria della vittima. L'ha fatta passare per uno spacciatore, un boss, un ricattatore, quando in realtà era una persona «disponibile e scherzosa», a cui piaceva chiamare i suoi amici con nomignoli. D'altra parte, la corte non ha considerato la premeditazione. Secondo i giudici nessun elemento permette di affermare che l'accusato abbia cercato il suo vicino nei giorni successivi alla lite avuta con quest'ultimo. Sulla base della perizia, hanno ammesso che l'imputato fosse solo marginalmente responsabile.
Un massacro - I fatti risalgono al maggio 2016 nel quartiere Libellules. L'accusato ha prima sparato tre colpi alla sua vittima mentre quest'ultima stava tornando a casa, nel vicolo dell'immobile. Si è poi allontanato, ha ricaricato l'arma, prima di raggiungere il vicino nella sala da tè dove si era rifugiato.
Nello stabilimento, in presenza di altri clienti, l'accusato ha puntato l'arma in direzione della sua vittima e gli ha sparato una volta al petto, poi tre volte alla testa. Ha lasciato la sala da tè, ha rimesso i proiettili nella sua pistola, poi è rientrato nel locale e ha sparato altri due colpi alla testa del suo amico.